Spetta "al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri". E dunque il giudice "non può sostituirsi al ministro degli Affare Esteri" né "può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale".
Tuttavia il giudice "può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri". E' quanto afferma una sentenza della Corte di Cassazione civile che ha risposto ad un rinvio pregiudiziale del tribunale di Roma precedente il decreto con cui il governo ha modificato la lista dei paesi sicuri.
Con una nota la Cassazione spiega il provvedimento depositato oggi con cui ha risposto alla richiesta del tribunale di Roma del 1 luglio scorso. "La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell'effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo - si legge - ha affermato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri". "Il giudice ordinario - prosegue la Corte - quindi, non può sostituirsi al Ministro degli affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale".
Può tuttavia, dice ancora la Corte di Cassazione, "nell'ambiente normativo anteriore al decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, e alla legge 9 dicembre 2024, n. 187, in sede di esame completo ed ex nunc, valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri (secondo la disciplina ratione temporis), allorché la designazione operata dall'autorità governativa contrasti in modo manifesto, tenuto conto delle fonti istituzionali qualificate di cui all'art. 37 della direttiva 2013/32/UE, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale".
Inoltre, concludono gli ermellini, "a garanzia dell'effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l'istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l'insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest'ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale".
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