Sarà un collegio della Corte d'Appello ad hoc, e che non contempla il giudice che ha convalidato l'arresto, ad occuparsi del caso di Mohammad Abedini Najafabad, l'ingegnere iraniano in carcere dallo scorso 16 dicembre dopo essere stato bloccato a Malpensa per una richiesta di estradizione avanzata dal Tribunale del distretto del Massachusetts.
Mentre l'Iran protesta, definendo la sua cattura "illegale e in linea con gli obiettivi politici ostili Usa", i giudici milanesi hanno fissato per il prossimo 15 gennaio l'udienza per discutere l'istanza di domiciliari avanzata dal difensore del 38enne, l'avvocato Alfredo De Francesco, che anche questa mattina si è recato in carcere a Opera a trovare il suo assistito. Un colloquio in cui il legale ha spiegato ad Abedini la situazione nel dettaglio: il parere negativo e non vincolante della Procuratrice Generale, Francesca Nanni, la proposta depositata a fine anno di scarcerazione fino ad entrare nel merito della vicenda per cui gli americani lo accusano di associazione finalizzata alla violazione delle norme sull'embargo e al supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerata oltreoceano un'associazione terroristica. Secondo le autorità statunitensi, avrebbe fornito componenti tecnologie montate sui droni, tra cui quello che ha colpito la base Usa Tower 22 nel nord della Giordania e ha ucciso tre soldati. Accuse pesanti che hanno lasciato il 38enne "incredulo": "E' tutto assolutamente falso - avrebbe ribadito stamane al suo difensore -. Sono un tecnico e non ho mai lavorato con i terroristi".
Durante l'incontro Abedini ha poi espresso di nuovo preoccupazioni per la famiglia, il figlio di 4 anni, e per la gestione della quotidianità a casa, come il pagamento delle bollette della luce. Tant'è che nel pomeriggio il difensore ha inoltrato alla direzione di Opera una richiesta di nuovi e più frequenti colloqui, attraverso videochiamate, con la moglie. Fra Abedini e De Francesco il discorso è virato, per la prima volta da quando è in cella, su Cecilia Sala, dopo che l'ingegnere in tv ha visto le sue immagini associate a quelle della giornalista detenuta a Teheran senza capire di cosa si trattasse. Ha chiesto al difensore di scrivere il nome della ragazza su un foglio bianco e ha aggiunto: "Prego per lei e per me", senza dire null'altro. Nelle prossime ore, dovrebbero essergli consegnati alcuni libri di cui aveva fatto domanda, e la prossima settimana, verso giovedì o venerdì, dovrebbe ricevere anche la visita dell'ambasciatore iraniano. Intanto emergono altri particolari riguardo al parere negativo della procuratrice generale Nanni alla richiesta di domiciliari: la pg ha valutato che non vi sarebbero le garanzie per contrastare il pericolo di fuga in quanto dovrebbe risiedere in un appartamento di proprietà del Consolato ma a a tre chilometri dalla sede, senza braccialetto elettronico (nell'istanza non è stato menzionato) e con l'autorizzazione a uscire per andare a fare la spesa. Ciò che dovranno verificare i giudici della quinta sezione della Corte d'Appello è, quindi, se il pericolo di fuga in questo modo è tutelato o meno.
Nel frattempo - il termine non inferiore ai 10 giorni che deve trascorrere tra l'istanza della difesa e la fissazione dell'udienza è previsto dalla legge - l'avvocato De Francesco potrà raccogliere ulteriori elementi a discarico. Lo stesso potrà fare l'accusa per sostenere la propria ricostruzione che potrebbe anche essere modificata in seguito a una valutazione degli atti che dovrebbero essere trasmessi dalle autorità di Boston. Quanto, invece, all'estradizione ci sarà, tra l'altro, da affrontare il tema della doppia incriminazione, ossia se le accuse contestate negli Stati Uniti siano penalmente illecite anche in Italia. In più c'è da verificare se le due società iraniane riconducibili all'ingegnere che avrebbero fornito materiale 'dual use' siano nella black list dell'Unione Europea. Tutto ciò a meno che il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenga avendo lui il potere di chiedere in qualsiasi momento la revoca della misura cautelare e, quindi, giocando sul terreno politico la partita sulla liberazione di Cecilia Sala.
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