Come diavolo vedono i piccioni la vita e le gesta degli umani? A dirla con Roy Andersson in maniera davvero originale. Gli umani sono buffi, ossessivi, ripetitivi e davvero bizzarri. Questo, in estrema sintesi, 'Un piccione su un ramo che riflette sull'esistenza', film in stile surreal-noir premiato questa sera con il Leone d'oro alla 71/a Mostra del cinema di Venezia.
Un film concepito in 39 piani sequenza che ricordano, allo stesso tempo, teatrini di cera, i quadri di Edward Hopper, le opere affollate di Bruegel, quelle di Otto Dix, comiche noir e deliranti Wunderkammer.
Insomma una vera follia. Dove troviamo allo stesso tempo quadretti di Sam e Jonathan, i più tristi venditori ambulanti di articoli per feste e travestimenti, che tirano fuori denti di Dracula e la maschera dello 'zio dal dente solitario' senza troppa convinzione. L'ex capitano di un traghetto che ora gestisce un salone di parrucchiere, ma il suo unico cliente lo abbandona quando sente il suo singolare curriculum non richiesto. C'è poi una ballerina di flamenco che rivela i propri sentimenti toccando troppo esplicitamente uno dei suoi studenti.
E ancora varia umanità che al telefono si ostina a ripetere questo tormentone: "Sono contenta di sentire che stai bene!".
Roy Andersson, che ha descritto questo film come un mix di tre romanzi, Don Chisciotte di Cervantes, Uomini e topi di John Steinbeck e Delitto e castigo di Dostoevskij, considera questo suo lavoro l'ultimo di una trilogia dopo Songs from the Second Floor (2000), Premio della Giuria a Cannes, e 'You, the Living' (2007).
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