Con Rimetti a noi i nostri debiti di Antonio Morabito, commedia noir molto amara sul potere del denaro e sul cinismo contemporaneo, nasce un nuovo soggetto cinematografico che deve far riflettere: è infatti il primo film italiano originale, e non seriale, marcato Netflix. Vale a dire niente sala e ovviamente nessuna possibilità di partecipare al Festival di Cannes. Ora i due protagonisti principali, Marco Giallini e Claudio Santamaria dovrebbero disperarsi per questo, ma non è così. Il film, che sarà disponibile dal 4 maggio su Netflix, infatti sarà tradotto in 22 lingue e andrà in onda in 190 paesi e questo con buona pace di Fremaux e della sua politica conservatrice ("niente film a Cannes che non vadano in sala"). A questo si aggiunga che il film non è affatto male e che il regista de Il venditore di medicine racconta una storia che vede i due protagonisti confrontarsi come Gassman e Trintignant in Il sorpasso, ma in modo più amaro che nel film di Risi.
Che ci fa Marco Giallini, con tanto di tuta e auricolari a fare jogging al Verano tra le tombe? Semplice, si tiene in forma perché Franco, il suo personaggio, fa uno stressante lavoro: recupera crediti con metodi persecutori e imbarazzanti. Si veste così con un'improbabile toga forense, con tanto di scritta 'recupero crediti', e perseguita il debitore nelle situazioni più imbarazzanti. Ne va a caccia al ristorante, agli appuntamenti di lavoro o quando la vittima è con l'amante. È insomma uno che fa bene il suo lavoro e, dopo aver comprato da finanziarie debiti considerati inesigibili al 2, 3 per cento dell'importo originario, si mette all'opera.
Tra i suoi debitori c'è anche Guido (Santamaria), uno che fa lavori saltuari da magazziniere e si divide tra un bar con la sua bella barista Rina (Flonja Kodheli) e un vecchio e saggio professore vicino di casa (Jerzy Stuhr). Il dinamico e cinico Franco propone al bravo Guido di lavorare con lui per estinguere il suo debito. E va detto che, dopo i primi impacci, l'ex magazziniere se la cava davvero bene a fare l'esattore anche, se occorre, picchiando la vittima, ma fino a che punto la sua natura di buono resterà nascosta? "Credo che nel cinema italiano ci sia ormai un senso di rassegnazione dilagante - spiega il regista raccontando la difficoltà di trovare un distributore per questo suo ultimo film -, ma credo fermamente che le cose si possono cambiare. Reagire - continua - è un atto politico e noi ci lamentiamo solo".
E ancora Morabito: "Sono un cinefilo cresciuto nelle sale cinematografiche, a quei tempi c'era più credito di adesso. Oggi il cinema lo fanno sempre gli stessi soggetti e riducono sempre più il loro ventaglio. Quando è arrivata l'offerta Netflix non ci ho pensato più di tanto: 190 paesi e 22 lingue non sono una cosa da poco. Insomma ho dovuto aspettare questa occasione per lanciare un film che ha anche la sua valenza politica. Una cosa, quest'ultima, che non ha disturbato Netflix".
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