(di Silvia Lambertucci)
Dalla suggestiva Cattedrale di Santa
Sofia a Kiev, con le sue cupole dorate, alle testimonianze
archeologiche di Sebastopoli con i resti di una città fondata
dai greci sulle rive del Mar Nero. Ma anche il centro storico
medievale di Leopoli a Cernivci, la favolosa residenza dei
metropoliti bucovini e dalmati con la sua ottocentesca e
opulenta sinergia di stili architettonici, il museo di Odessa
che tra i suoi tesori vanta persino un Caravaggio. A rischio
distruzione, nell'Ucraina invasa dalle truppe russe, ci sono
pure i capolavori dell'arte e i tanti siti patrimonio
dell'Umanità. Testimonianze di tutte le epoche storiche a cui si
aggiungono le meraviglie della natura, come le faggete, che
l'Unesco ha già inserito nella sua prestigiosa lista, o la
steppa, che risulta tra i siti candidati. Pagine di storia e di
bellezza che ora potrebbero essere cancellate dai bombardamenti,
sacrificate dalle esigenze della guerra, devastate, razziate.
Nel Paese i siti certificati dall'Unesco sono in tutto sette,
ma altri se potrebbero aggiungere nei prossimi anni se venissero
accettate le 17 candidature , dai resti dell'antica città di
Tyras, antico porto commerciale del mondo antico fondato alla
fine del VI secolo a.C., alla foce del Dnestr, al complesso di
monumenti della fortezza medievale di Sudak, dall'osservatorio
astronomico di Mykolayiv, ritenuto il più antico osservatorio
navale dell'Europa sudorientale, alle città rupestri della Gotia
crimeana.
E se tra i progetti di candidatura a patrimonio dell'umanità
c'è l'intero centro storico di Odessa, con la sua raffinata
struttura urbana ottocentesca dove sono cresciuti Trotsky e
Kandinsky , ma anche la mitica "scalinata Potemkim" icona dei
cinefili, il museo dell'arte occidentale di questa citta così
fascinosa e multiculturale è uno scrigno di tesori dell'arte che
vanno da Caravaggio a Rubens, da Gerad David a Guercino. Una
quantità impressionante di opere dell'arte europea che il regime
russo aveva confiscato a nobili, commercianti, collezionisti
della grande regione di Odessa che a quel tempo si estendeva
dalla Romania alla Crimea.
Rubata nel 2008, ritrovata nel 2010 e quindi oggetto di un
delicato restauro, la tela attribuita a Michelangelo Merisi
vanta tra l'altro una storia avvincente e tormentata,
ricostruita qualche anno fa dalla studiosa Nataliia Chechykova.
Con tutta probabilità acquistata a Parigi da Alexander Petrovich
Basilewsky, un grande collezionista russo di origini ucraine, la
tela, che all'epoca si intitolava Le Baiser de Judas, venne
offerta in regalo nel 1870 al fratello dello Zar, Vladimir
Alexandrovich Romanov e quindi approdò in Russia dove però,
proprio tra rivoluzione e guerre, ha avuto una vita tutt'altro
che facile. Donato all'Accademia delle Belle Arti di San
Pietroburgo, il quadro di Caravaggio venne trasferito nel 1916
nel museo di Odessa insieme ad altre 28 creazioni dei grandi
maestri europei. Solo un anno dopo però la città fu investita in
pieno dalla rivoluzione del 1917 e poi dalla guerra civile,
conquistata e persa dall'Armata rossa più volte. Durante la
seconda guerra mondiale poi Odessa fu bombardata pesantemente e
poi occupata dalle truppe romene e naziste e della Cattura di
Cristo (come oggi viene intitolato il quadro) per un po' non si
seppe più nulla, tanto più che inspiegabilmente la tela non
risultava nell'elenco delle opere messe in salvo dal museo. Data
per persa, la tela ricomparve "miracolosamente" nel giugno del
1945, 14 mesi dopo la liberazione della città, riconsegnata alle
autorità sovietiche dalla Chiesa Cattolica Romana.
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