Dopo lo choc del presidente dell'Ucraina Zelensky, in collegamento da Kiev, durante la cerimonia di apertura per strigliare il mondo del cinema a "non restare muto" e a trovare un "nuovo Charlie Chaplin a mettere in berlina Il Grande Dittatore", il festival di Cannes al suo secondo giorno oscilla tra politica e star system.
TOM CRUISE, arrivato in elicottero nero da perfetto Top Gun, per incontrare il pubblico in una masterclass omaggio all'attore hollywoodiano e promuovere il nuovo film Top Gun: Maverick in uscita (in Italia dal 25 maggio), ha dominato la giornata tra lunghe file per vederlo passare e ingorghi davanti al Palais de festival. Cruise, 60 anni portati con un evidente patto con il diavolo, si è espresso come ambasciatore del cinema sul grande schermo, in un luogo, Cannes, che ha bandito anche quest'anno Netflix e le altre piattaforme per diventare, anacronisticamente o no, il posto della resistenza allo streaming. "Amo il cinema, è la mia passione, faccio il film che volevo fare da ragazzo , per me il film è quello che vedo sul grande schermo, che io stesso come spettatore frequento, berretto in testa e pop corn. Non accadrà mai che un mio film vada in streaming", ha detto spiegando anche lo stop a Maverick in attesa del post pandemia piuttosto che farlo uscire su una piattaforma (in compagnia di 007 e Tenet ad esempio).
E' stato anche il giorno del regista dissidente russo Kirill Serebrennikov che ha finalmente potuto calcare il tappeto rosso di Cannes dopo anni di inviti andati a vuoto per il divieto di uscire dalla Russia (è stato anche in prigione). Ha portato in concorso TCHAIKOVSKY'S WIFE fedele ricostruzione di un' epoca attraverso la storia governata dalla follia del compositore e della moglie Antonina Miliukova, un film che non entra certo nel merito dell'attualità come invece ha fatto MARIUPOLIS 2, il documentario del cineasta lituano Mantas Kvedaravicius ucciso mentre fuggiva dall'Ucraina e il cui film è stato ultimato dalla compagna Hanna Bilobrova che lo ha portato in proiezione speciale a Cannes.
E mentre Marco Bellocchio e Fabrizio Gifuni si godevano 10 minuti di applausi al termine della proiezione di ESTERNO NOTTE, la serie tv sul rapimento Moro, in sala in Italia in due parti il 18 maggio e il 9 giugno e poi in tv come grande produzione dell'autunno di Rai1, in serata salgono alla ribalta Alessandro Borghi e Luca Marinelli, i due "fratelli per sempre" del film LE OTTO MONTAGNE dal romanzo omonimo di Einaudi, premio Strega 2017, scritto da Paolo Cognetti, diretto dai belgi Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, primo film italiano ad entrare nella gara del concorso di Cannes (più avanti toccherà a Nostalgia di Mario Martone con Pierfrancesco Favino). Una storia minima e però per questo anche autentica, profonda, ancestrale e potente. Quella dell'amicizia nata da bambini d'estate, proseguita da adolescenti e poi da adulti, che legherà per sempre il montanaro Bruno (Borghi) e il torinese Pietro (Luca Marinelli) che su quelle vette va e viene cercando di trovare un posto nel mondo. Un film (in sala con Vision prossimamente) in cui "C'è tanto amore dentro", come ha detto Borghi, "Una storia di fratellanza per sempre, che proprio somiglia alla nostra, senza competizione".
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