Per tanti la notizia della scomparsa del regista Alessandro D'Alatri (SCHEDA ANSA CINEMA). arriva oggi come il fulmine che spezza una vita senza senso. Pochi sapevano del suo combattimento per una vita degna, dopo anni di successi, luminosità grazia e talento: tutto quello che il cineasta romano (nato il 24 febbraio 1955) ha saputo dare con generosità in tutti i suoi campi di creazione artistica. Con lui se ne va uno sperimentatore, un pubblicitario di talento, un regista sensibile e sempre capace di intercettare il nuovo, ma soprattutto - per la grande platea televisiva - il magnifico complice di Maurizio De Giovanni, l'autore che portava al successo prima I Bastardi di Pizzofalcone con Alessandro Gassmann (2018) e poi Il Commissario Ricciardi con Lino Guanciale nel 2021. In entrambi i casi aveva passato la mano per le successive stagioni, ma l'impronta del suo stile della sua umanità andavano di pari passo con l'invenzione letteraria dello scrittore e ne hanno amplificato il successo.
Capelli rosso fuoco, baffo sbarazzino, dinamismo perenne sono le prime caratteristiche con cui viene da ricordare il giovane cineasta che si affaccia sulla scena nel 1991 con la sua prima regia, Americano Rosso, tanto convincente da fargli guadagnare il David di Donatello e il Ciak d'oro per il migliore esordio. Ma D'Alatri calcava il set fin da giovanissimo, avendo debuttato come attore e qualcuno lo potrebbe riconoscere nel piccolo Giorgio del Giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (1970). È stata però la pubblicità la sua vera palestra, un esercizio di mestiere e duttilità che gli valse oltre 100 spot, riuscitissimi, già dai primi anni '80, premiati a Cannes con la Palma d'oro e in tutto il mondo. La successiva campagna per la telefonia ("Una telefonata allunga la vita" con Massimo Lopez) e quella per il caffè (con un giovane Paolo Bonolis) sono ancora citate come esempi di creatività al servizio dell'industria. Ma Alessandro aveva il cinema nel sangue e nel 1993 trovò il suo primo, autentico "fratello" cinematografico in Kim Rossi Stuart che diresse in Senza Pelle nel 1994, conquistando un inatteso spazio nel concorso di Cannes e un Nastro d'argento per la sceneggiatura. Il sodalizio continua con I Giardini dell'Eden (1998) in concorso a Venezia, forse la sua opera più ispirata, affascinante, ambiziosa. Proseguirà spesso da regista, scegliendo temi importanti gestiti con un minimalismo quotidiano, un gusto in understatement per la commedia che lo porta a scoprire Fabio Volo (Casomai e La Febbre) o Paolo Bonolis (Commediasexi). I suoi due ultimi lungometraggi sono oggi quasi invisibili (Sul Mare e The Startup), ma confermano una singolare sensibilità alla "lunga ala della giovinezza" che lo farà ricordare come un irredimibile Peter Pan del nostro tempo. Nel frattempo D'Alatri aveva scoperto le potenzialità del racconto in musica mettendosi al servizio (per riusciti videoclip) di artisti come Renato Zero, Negramaro, Elisa, Laura Pausini, ma continuava a pensare cinema e aveva un nuovo progetto nel cassetto. Il suo ultimo lavoro è stata invece una serie tv, Il Professore con l'amico Gassmann, appena due anni fa. Il destino oggi lo rapisce alla sua famiglia, ma chi ama il cinema italiano farebbe bene a riguardare i suoi film, così in anticipo su tanti fermenti della gioventù di oggi.
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