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Le colonne d'Ercole della Privacy sulla tirannia dell'IA

Le colonne d'Ercole della Privacy sulla tirannia dell'IA

Dalle guerre alla scienza, i moniti del Garante sull'algoritmo

ROMA, 03 luglio 2024, 19:36

di Francesca Chiri

ANSACheck
Stanzione, con l 'IA più lavoro ma occhio a diseguaglianze - RIPRODUZIONE RISERVATA

Stanzione, con l 'IA più lavoro ma occhio a diseguaglianze - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le nuove armi, l'uso para-didattico, le nuove frontiere scientifiche e mediche, la realizzazione di decoder 'semantici', l'offensiva del cognitive warfare, la pervasività dei chatbot, ma anche il dilagante odio digitale in cui annega il web con tutto il suo carico di discriminazioni, sopraffazioni e violenza vera e propria.
    L'intelligenza artificiale è ormai entrata a far parte del nostro orizzonte quotidiano di vita "con effetti della cui portata non siamo, forse, del tutto consapevoli", avverte il presidente del Garante della Privacy, Pasquale Stanzione che illustrando l'attività dell'Authority - composta anche da Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia e Guido Scorza - al Parlamento ha messo in guardia sui "rischi tutt'altro che trascurabili, per la persona, la società, la democrazia".
    Per il Garante si tratta quindi di contemperare vantaggi e svantaggi, sapendo che ormai siamo già arrivati alla "piena integrazione dell'intelligenza artificiale nella nostra vita pubblica e privata".
    Ad esempio, "si ritiene che l'intelligenza artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro". Ma potrebbe però crearne 97 milioni di nuovi, "sebbene con un rischio di nuove, ulteriori diseguaglianze", come già successo ai lavoratori 'invisibili' della gig economy.
    Devastante appare invece l'uso dell'intelligenza artificiale in campo bellico dove l'IA offre "un drammatico terreno di sperimentazione" rischiando di "amplificare senza limiti la capacità offensiva dei conflitti, sottraendo all'uomo il controllo della violenza". Tanto che le armi autonome, ricorda il Garante, sono state ribattezzate la "nuova bomba atomica" e possono qualificare quello attuale come un nuovo 'momento Oppenheimer' .
    E se è vero che circa il 65% dei ragazzi utilizza oggi l'intelligenza artificiale per svolgere i compiti e che due studenti su tre avrebbero preparato l'esame di maturità ricorrendo a Chat Gpt (con risultati non sempre ottimali), è pure appurato che l'uso delle nuove tecnologie nella "cognitive warfare" si qualifica ormai come la frontiera di una nuova guerra fredda, una guerra ibrida fondata su attacchi informativi, nei cui confronti spetta alla politica tracciare "le colonne d'Ercole da non varcare" affinché "il progresso non divenga socialmente regressivo".
    Appare poi "rivoluzionario" l'utilizzo dell'intelligenza artificiale in campo neuroscientifico che ha consentito, ad esempio, in Usa, di applicare a un paziente tetraplegico un dispositivo in grado di decodificare i segnali neurali per far eseguire a un robot ciò che i suoi arti non possono fare. Ma, mette in guardia il giurista che guida l'Authority, si tratta di una "conquista preziosa a condizione che non venga utilizzata per leggere il pensiero", la cui riservatezza è "presupposto necessario per la libertà di coscienza".
    Anche in Italia l'algoritmo si è insinuato ormai nei meandri della vita pubblica e della pubblica amministrazione. Anche se a volte, avverte Stanzione, con alcuni problemi. Il Garante segnala criticità, ad esempio, nell'applicazione del Fascicolo sanitario 2.0 (troppe difformità tra le Regioni nella protezione dei dati) o nell'uso del Trojan ("strumento potenzialmente onnivoro") e in generale nell'uso delle intercettazioni dove si deve cercare di contenere "la tendenza a scambiare l'interesse sociale della notizia con il gossip".
    Ma il cuore del garante batte soprattutto per la difesa dei giovani e dei soggetti fragili dall'ormai dilagante odio digitale. "Preoccupa l'uso offensivo del web" con messaggi "istigativi, discriminatori nei confronti, generalmente, di minoranze, delle donne". Una degenerazione i cui effetti in una logica di sopraffazione si vedono poi sulla diffusione di immagini di stupri, revenge porn, o anche solo del body shaming.
   
   

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