(di Luciano Fioramonti)
La statua di Dante che al centro di
piazza dei Signori guarda i palazzi dove Cangrande della Scala
lo accolse durante l' esilio da Firenze è la sua opera più
famosa. Ma Verona deve molto altro allo scultore ottocentesco
Ugo Zannoni che ai musei della città donò a più riprese nuclei
importanti di opere della sua collezione grazie alle quali è
nata la Galleria d' Arte Moderna. Arte e mecenatismo, dunque,
collezionismo e impegno per lasciare al pubblico un segno
tangibile del significato e del valore del bellezza, passione
contagiosa e lavoro per stimolare con le stesse finalità la
generosità degli appassionati e dei grandi collezionisti si
intrecciano nella mostra ''La mano che crea. La Galleria
Pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919)'' che proprio la Galleria
Achille Forti a Palazzo della Ragione ospita fino al 31 gennaio.
Zannoni - osserva la curatrice Francesca Rossi, direttrice
dei Musei, che ha selezionato 83 opere dal corpus donato dall'
artista - apparteneva alla scuola scultorea milanese rivalutata
in tempi recenti ma a lungo bocciata dalla critica idealistica
novecentesca per il suo perfezionismo barocco e stroncata già da
un giovanissimo Roberto Longhi come espressione della "più
repugnante accademia". Il destino negativo della scuola
naturalistica e realista, in tempi in cui il successo premiava
l'impressionismo di Medardo Rosso e la rivoluzione plastica di
Rodin e Boccioni, riguardò anche la collezione che Zannoni
aveva donato tra il 1905 e il 1919 al Museo fatta di 212 opere
d'arte, 195 fotografie, 5 libri, 2 fascicoli a stampa, una carta
geografica. Nella raccolta sono presenti artisti che Zannoni
frequentò e altri animatori di ricerche scultoree e pittoriche
del secondo Ottocento, come Domenico Induno, Mosè Bianchi,
Filippo Carcano, Leonardo Bazzaro, Julius Lange, Luigi Nono, e
il più moderno pittore divisionista Angelo Morbelli.
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