A parte il primo lockdown "quando eravamo tutti bloccati dentro casa, la nostra vita non è così cambiata. Facendo cinema abbiamo potuto il privilegio di poter continuare a lavorare. Abbiamo girato un'altra serie di Coliandro e realizzato da produttori il nuovo film di Cosimo Gomez (Io e Spotty) di cui sono appena terminate le riprese a Bologna e il nuovo di Daniele Misischia (Il mostro della cripta), la cui lavorazione era stata interrotta per la pandemia. Inoltre stiamo scrivendo e siamo in preproduzione per due sequel di Diabolik... insomma, lavoriamo anche più di prima",. Lo dice sorridendo Marco Manetti, parlando dei progetti che realizza con il fratello Antonio, nell'edizione in streaming di Incontri, la Film Conference di IDM Film Fund & Commission Alto Adige, moderata da Alessandra De Luca.
Ora c'è l'attesa di vedere finalmente Diabolik, la cui uscita, dopo vari rinvii per la pandemia, è stata fissata da 01 Distribution al 16 dicembre. A interpretare il brillante criminale nato nei fumetti delle sorelle Giussani c'è Luca Marinelli, in un cast che comprende, fra gli altri, Valerio Mastandrea (Ginko) e Miriam Leone (Eva Kant). Come cambierà il cinema nel post pandemia? "In un primo periodo ci dovremmo adattare - risponde il cineasta -. Ora ad esempio nei cinema non ci sono blockbuster ma questo può consentire a film di genere diverso di uscire ed è interessante vederli ai primi posti del box office. Ho però il timore che quando si riapriranno totalmente le porte delle sale arriveranno troppi titoli tutti insieme. Avremo probabilmente tre o quattro mesi di caos, ma poi non penso ci saranno grandi stravolgimenti". Dal punto di vista artistico invece "spero che i registi non abbiano paura di raccontare questo periodo. In vari film che si stanno girando, molti hanno scelto di ignorare la pandemia, di nasconderla, non facendo vedere ad esempio le persone con le mascherine. Secondo me ogni fase vissuta dal genere umano dovrebbe essere raccontata. Però magari è troppo presto". Per la nuova stagione di Coliandro "avevamo proposto alla Rai di ambientarla durante la pandemia ma ci hanno detto che era meglio no, per non fissare troppo il racconto in un determinato periodo. Eppure, produttivamente parlando, sarebbe stato facile perché le strade erano vuote per l'emergenza. Ricostruire questo periodo sarà più complesso". E' molto vivo in questi mesi il dibattito sul rapporto tra cinema e piattaforme, un tema sul quale secondo Marco Manetti non serve avere un approccio ideologico: "le piattaforme ad esempio permetteranno di fare più piccoli film, quelli che generalmente non trovano facilmente posto nelle sale".
Nell'andare al cinema quello che rimane imbattibile "è l'esperienza sociale, basti pensare al ridere tutti insieme vedendo una commedia". Manetti utilizza un paragone gastronomico per il rapporto piattaforme - sale: "Cucinare a casa non impedisce ai ristoranti di esistere. Mangiare a casa può essere un bellissima esperienza come anche andare al ristorante. Non penso saranno le piattaforme a cancellare i cinema, come non lo ha fatto la televisione".
Nel vostro percorso di autori cosa vi guida? "Abbiamo sempre unito una grande libertà interiore a un po' di follia e una componente di testardaggine. Per questo la nostra strada per affermarci è stata lenta, abbiamo detto e ci hanno detto molti no - sottolinea -. Siamo molto soddisfatti di quello che facciamo. Anche quando lavoriamo a un progetto televisivo, non ci spaventa doverci confrontare con il 'marchio' di un canale.
Lavoriamo con serenità in quel percorso finché ce ne sentiamo parte. Se invece siamo convinti di qualcosa di diverso, combattiamo per realizzarlo".
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