Il cinema dice addio a Peter Del Monte, il regista nato a San Francisco il 29 luglio 1943, dal 1965 naturalizzato italiano, scomparso oggi in una clinica a Roma dopo una lunga malattia. Una manciata di film, un talento espresso essenzialmente in un cinema 'psicologico' con storie delicate che diventano indagini sui sentimenti, sull'anima, sulle ragioni del cuore affatto razionali. Un cinema delicato, poetico, fedele a se stesso anche a costo di rimanere ai margini del mercato.
Del Monte si era diplomato in regia al Centro sperimentale di cinematografia e il suo primo film, del '69, Fuori campo, fu presentato al Festival di Cannes. Lavorò nei primi anni Settanta per la RAI, realizzando Le parole a venire (1970), dal racconto Les muets di A. Camus e Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1973), tratto da U. Foscolo. Del 1975 è il film con cui si fece conoscere: Irene Irene, intenso drammatico elegante ritratto di un anziano magistrato (Alain Cuny) che, all'indomani dell'enigmatica scomparsa della moglie, si abbandona a una lenta deriva esistenziale che si intreccia con il bilancio di una vita, fino a lasciarsi morire di solitudine. Cinque anni dopo L'altra donna (1980, premio Speciale della giuria a Venezia), che affrontava in anticipo sui tempi il tema della diversità e dell'integrazione attraverso un microcosmo costituito da una colf extracomunitaria e una borghese in crisi. Viene premiato a Cannes (per il miglior contributo artistico) nel 1982 con L'invitation au voyage (Invito al viaggio), sull'amore morboso di un giovane per la propria gemella.
Tra i suoi film migliori c'e Piccoli Fuochi, una 'fiaba inquieta' premiata con il Nastro d'argento per il miglior soggetto originale), nel quale le suggestioni della psicoanalisi infantile si concretizzano nella storia dell'affetto ossessivo di un bambino per la sua baby-sitter, interpretata da Valeria Golino. Il regista e l'attrice resteranno legati nella vita privata per alcuni anni a partire da quel film del 1985 .
Ancora il doppio femminile in Giulia e Giulia (1987), che fu per quegli anni un prima esperimento di 'cinema elettronico' ad alta definizione.
Seguono opere di esplorazione delle 'intermittenze del cuore' come Tracce di vita amorosa (1990), il premiato Compagna di viaggio (1996), in cui si narra l'emozionante incontro tra un anziano e smemorato professore (Michel Piccoli) e una ragazzina fragile e disinibita (Asia Argento). Fu presentato a Cannes, Un Certain Regard e diede ad Asia Argento nel '97 il David di Donatello come migliore attrice. Con La ballata dei lavavetri (1998), dal romanzo di E. Albinati torna a raccontare l'immigrazione, questa volta dall'Europa dell'Est. Negli anni 2000 gira Controvento (2000) in cui ancora una volta indaga nella psicologia femminile. Nelle tue mani (2007) e Nessuno mi pettina bene come il vento (2014) sono le ultime opere.
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