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Amos Gitai, 'il dialogo unica vittoria per la crisi a Gaza'

Amos Gitai, 'il dialogo unica vittoria per la crisi a Gaza'

Why War con israeliani e palestinesi "contro la guerra tossica"

LIDO DI VENEZIA, 31 agosto 2024, 19:44

dell'inviata Alessandra Magliaro

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Il dialogo è l'unica strada possibile" dice il regista di Haifa Amos Gitai presentando alla Mostra del cinema di Venezia Why War, Fuori Concorso, basato sulla corrispondenza su come evitare la guerra che nel 1932 ebbero Albert Einstein e Sigmund Freud. Uno scambio di lettere più che mai attuale nonostante sia passato quasi un secolo.
    Il film ripercorre le radici della guerra e si lancia alla ricerca di una spiegazione della ferocia dei conflitti che popolano il nostro mondo. Irène Jacob, Mathieu Amalric, Micha Lescot sono tra i protagonisti della pellicola, girata tra Vienna, Berlino, Tel Aviv e Parigi, con un cast e una troupe internazionale con anche israeliani e palestinesi, "un microcosmo felice - ha detto Gitai -, un contesto di amicizia alla larga da ogni demagogia". Un'idea che il regista israeliano farà vivere anche a teatro: a Roma l'8, 9 e 10 ottobre c'è attesa per House al teatro Argentina nell'ambito di RomaEuropa, il suo ritorno al palcoscenico con una piece che racconta una casa in Gerusalemme Ovest per un quarto di secolo attraverso le vite degli abitanti che qui si sono succeduti, arabi ed ebrei, palestinesi ed israeliani.
    In Why War al centro c'è una domanda, "perché la guerra, perché i popoli si fanno la guerra. Ho cominciato a pensarci a gennaio dopo il 7 ottobre, ero veramente triste, quel paese che amo sta di nuovo sprofondando in una situazione di guerra infinita, siamo stati rapiti da un gruppo di persone che vogliono prolungare la guerra mentre noi non vorremmo. Penso che a volte il punto più basso darà spazio alla riconciliazione, non si può uccidersi l'un l'altro a oltranza, la vittoria non esiste finché la Palestina sarà sotto Hamas, così come Israele con un governo estremista. Le loro proposte non possono andare bene, bisogna ricostruire ponti, dobbiamo continuare a nutrire l'idea che un giorno prima o poi questo ponte arriverà, anche perché che altra possibilità c'è?", sottolinea Gitai che è stato oggetto anche di boicottaggio per il suo film a Venezia.
    "Ho scelto di non mostrare immagini di guerra nel film, perché se guardiamo la tv in Israele ad esempio mostra solo le atrocità del 7 ottobre e quando le vedi ti dici 'uccidiamoli tutti', se vado sulle tv arabe accade il contrario con solo immagini della selvaggia distruzione di Gaza con le decine di migliaia di persone morte, civili, bambini quasi mai terroristi e allora predichi anche da lì la guerra ad oltranza. Ma così non si va da nessuna parte se non verso la morte, dobbiamo trovare un modo per ricostruire questa meravigliosa regione".
    Gitai parla di "tossicità della narrazione sulla guerra", convinto che "una goccia di arte e di poesia" possa comunque servire. In Why War c'è anche una partecipazione italiana nella produzione: la Indiana Production di Marco Cohen e Benedetto Habib. 
   

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