Un capolavoro come Ladri di
biciclette di Vittorio De Sica è stato "il punto di partenza per
raccontare come la bicicletta ancora oggi, 80 anni dopo, possa
voler dire, per chi vive ai margini, sopravvivenza. È un fatto
che ho trovato come uno schiaffo e volevo trasmettere questa
realtà". Così il regista iraniano Milad Tangshir, che da più di
13 anni vive e lavora in Italia, spiega all'ANSA il percorso
della sua opera prima, Anywhere Anytime, unico lungometraggio
italiano in gara alla Settimana della Critica, sezione autonoma
e parallela della Mostra del Cinema di Venezia. Prodotto da Vivo
film e Young Films con Rai Cinema, sarà anche al Toronto Film
Festival e arriverà in sala dall'11 settembre con Fandango.
È un racconto intenso e coinvolgente (girato con attori non
protagonisti) che ha per protagonista Issa (Ibrahima Sambou),
un giovane immigrato clandestino senegalese che a Torino, dove
dorme in un hub di prima accoglienza, viene licenziato perché
senza documenti. Un amico cuoco e conterraneo, Mario (Moussa
Dicko Diango), con una vita meno precaria della sua, lo aiuta
nel comprare una bici usata in modo che Issa possa usarla per
lavorare come rider, utilizzando un suo vecchio account. La
speranza di un nuovo inizio si infrange però quando ad Issa
viene rubata la bici durante una consegna. Il giovane senegalese
si ritrova in una spirale sempre più cupa nel tentativo di
recuperarla.
"L'idea del film è nata nel 2018, quando mi sono avvicinato
al mondo dei rider - racconta Tangshir -, un fenomeno che allora
era in piena espansione in Italia. Ero molto interessato alla
composizione antropologica di questa fascia di persone, a cui
appartengono spesso italiani all'ultima spiaggia, immigrati...
Così ho iniziato a girare, per un'estate, con un rider
senegalese, tra consegne, attese in strada e ritiri ai
ristoranti e mi sono reso conto dell'importanza della
bicicletta, un semplice oggetto che può cambiare veramente la
vita a certe persone. Ovviamente subito mi è venuto in mente il
capolavoro di De Sica". Questa tuttavia "non è un'operazione di
cinefilia, non mi sarei permesso di toccare un capolavoro del
cinema italiano, ma una maniera di mostrare cosa vedo attorno a
me. Volevo usare questo pezzo importante della cultura italiana
per fare riflettere su chi siano i ladri di biciclette di oggi,
quali siano le nuove fasce di persone vulnerabili".
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