Dal trionfo a Cannes dove ha vinto il
premio della giuria e il premio per l'interpretazione femminile,
alle nomination agli Efa, alla candidatura all'Oscar per cui è
favorito: Emilia Perez di Jacques Audiard è uno dei film
dell'anno, preceduto da un tam tam di opera da non perdere in
sala. La storia, senza svelare troppo, parte dal Messico dove
l'avvocatessa Rita (Zoe Saldana) viene arruolata per un curioso
lavoro: aiutare un potente boss del cartello messicano della
droga a ritirarsi dai suoi affari e sparire per sempre,
lasciando figli e moglie (Selena Gomez), avendo in mente un
sogno ossia diventare donna (Karla Sofia Gascon). Da lì una
carambola di avvenimenti, un'altalena di situazioni ed emozioni
travolgenti. Emilia Perez (in sala con Lucky Red dal 9 gennaio)
è diventato così anche un film simbolico, non solo per la
comunità trans, ma per sfidare i cliché machisti.
"Questo film è un'onda travolgente - dice all'ANSA la
spagnola Karla Sofia Gascon - ha unito tante persone,
innanzitutto quelle che sono marginalizzate, che non vivono con
libertà, e le mette allo stesso livello degli altri, il film le
porta via dall'oscurità, le illumina. Si è formata con Emilia
Perez, e in questo è un film simbolico, una specie di esempio di
lotta contro il male della società e questo è meraviglioso
perché quando tu sei ai margini, per il sesso, il colore della
pelle, la povertà, hai desiderio di luce".
Spiega Jacques Audiard, il regista del Profeta, la Palma
d'oro di Dheepan, l'esploratore delle periferie di Parigi,
13Arr.: "Sono partito da un romanzo, Ecoute di Boris Razon, ho
sviluppato uno dei suoi personaggi che era un boss del
narcotraffico che voleva cambiare sesso e ho accettato la
contraddizione che aveva in sé: un mondo ipermachista alle prese
con femminilità e dolcezza e la buona idea è stata raccontare
una tragedia cantandola".
Emilia Perez ha cambiato la vita anche a Karla Sofia Gascon
(ha completato la transizione, era un attore famoso di
telenovelas): "Non mi piace essere definita la prima attrice
trans a vincere a Cannes, perché trans non è una professione,
tuttavia comprendo la portata di tutto questo e se può
contribuire all'inclusione nel cinema ben venga, di solito sono
ruoli di prostitute. Quanto al tema, quello sì che è potente e
se vedendolo anche una sola famiglia non caccerà di casa il
figlio che vuole cambiare sesso ma lo tratterà con amore e
affetto, sarà un successo enorme. In Emilia Perez di me c'è
tutto e niente, la mia anima, la persona che è venuta fuori
dall'oscurità, e però i fatti ovviamente sono quelli del
personaggio, alla fine è stato quasi un rito di esorcismo".
Emilia Perez è un thriller sul narcotraffico, un western alla
messicana, una storia di riscatto, un dramma familiare, un
dramma personale e in più un film musicale travolgente, "ho
sempre amato i film che sono ibridi e questo doveva esserlo, non
doveva essere pulito, nitido, ma qualcosa anche di eccessivo,
pieno di tante cose. A volte ho tendenza ad autocensurarmi, mi
chiedevo sul set 'non sarà troppo?', 'non sarà eccessivo'?
Invece volevo fare proprio così, insomma un film emozionante".
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