di Adam Hanzelewicz
La Resistenza non è stata un
monolite, contrariamente a quanto si crede: lo stesso presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nel 1999, infranse il
muro del silenzio imbarazzato sul contributo dei militari
ricordando "l'evento tragico ed eroico" e il "consapevole
sacrificio dei soldati ed ufficiali della Divisione Acqui a
Cefalonia". Altri italiani fecero una scelta diversa dalle
stellette e dalla guerra partigiana come racconta Marco
Patricelli nel documentato, ma godibile volume 'Brigata Maiella
- L'epopea dei patrioti italiani nell'8ª Armata britannica'
(Rusconi, pp. 462, inserto fotografico, 19 euro), che aggiunge
un nuovo e significativo capitolo alla narrazione della guerra
di liberazione, cambiandone anche la prospettiva con una
rigorosa e convincente analisi storica.
La Brigata Maiella rappresentò il primo e unico esempio di
unità della resistenza armata dagli inglesi (che invece
disarmavano sistematicamente tutte le formazioni partigiane),
nell'Abruzzo della Linea Gustav a fine 1943. I patrioti raccolti
dall'avvocato socialista e antifascista Ettore Troilo ottennero
un credito di fiducia dal maggiore londinese Lionel Wigram, un
ebreo che seppe vedere negli occhi di quei giovani la scintilla
della riscossa.
Dopo la sfortunata esperienza della battaglia di
Pizzoferrato, dove Wigram perse la vita alla testa di un reparto
italo-inglese, la Maiella non avrebbe mai più conosciuto
sconfitta. I primi 15 volontari diventeranno presto 1.500,
strutturati in compagnie e plotoni, guidati sul campo dal
capitano Domenico Troilo (non parente di Ettore) e sotto comando
inglese prima e polacco dopo, inquadrati nel II Corpo d'armata
del generale Wladyslaw Anders.
Non volendo giurare fedeltà ai Savoia, rifiutarono le
stellette sul bavero, sostituite dal nastrino tricolore. Avevano
tesserino militare italiano (209ª e 228ª divisione di fanteria)
ma non prendevano ordini dal Regio Esercito; indossavano
uniforme britannica, ma sulla manica avevano lo stemma di
reparto (la Majella imbiancata); non facevano parte del Corpo
volontari della libertà e non avevano nessun partito o
commissario politico. I maiellini furono ammirati e lodati dagli
Alleati e temuti dai tedeschi per il loro valore. Il 21 aprile
entrarono per primi a Bologna e poi liberarono Asiago.
È stata la formazione col ciclo operativo più lungo, l'unica
a combattere fuori dal territorio di costituzione e la sola
decorata di medaglia d'oro al valor militare. Estromessa dal
racconto della Resistenza per la sua particolarità, viene oggi
arbitrariamente ricompresa tra le brigate partigiane alle quali
non appartenne mai: i volontari, peraltro, hanno sempre tenuto a
specificare che loro furono patrioti e non partigiani.
Patricelli confuta la narrazione ideologica e smentisce altresì
che furono i maiellini a cantare e diffondere "Bella Ciao",
ponendo un serio spartiacque tra storia e propaganda, tra
aderenza ai fatti e politicizzazione.
Ricorda poi l'esperienza diretta del presidente Ciampi, che
nel 1943-1944 era in Abruzzo e fu il primo Capo di Stato a
recarsi in visita ufficiale al Sacrario di Taranta Peligna, e
l'iniziativa del presidente Sergio Mattarella che ha dedicato la
celebrazione del 25 aprile 2018 proprio alla Brigata Maiella.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA