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Brigata Maiella, quei patrioti con uniforme inglese

Brigata Maiella, quei patrioti con uniforme inglese

L'altra Resistenza fuori dagli schemi della guerra partigiana

PESCARA, 17 dicembre 2021, 12:31

Redazione ANSA

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di Adam Hanzelewicz La Resistenza non è stata un monolite, contrariamente a quanto si crede: lo stesso presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nel 1999, infranse il muro del silenzio imbarazzato sul contributo dei militari ricordando "l'evento tragico ed eroico" e il "consapevole sacrificio dei soldati ed ufficiali della Divisione Acqui a Cefalonia". Altri italiani fecero una scelta diversa dalle stellette e dalla guerra partigiana come racconta Marco Patricelli nel documentato, ma godibile volume 'Brigata Maiella - L'epopea dei patrioti italiani nell'8ª Armata britannica' (Rusconi, pp. 462, inserto fotografico, 19 euro), che aggiunge un nuovo e significativo capitolo alla narrazione della guerra di liberazione, cambiandone anche la prospettiva con una rigorosa e convincente analisi storica.
    La Brigata Maiella rappresentò il primo e unico esempio di unità della resistenza armata dagli inglesi (che invece disarmavano sistematicamente tutte le formazioni partigiane), nell'Abruzzo della Linea Gustav a fine 1943. I patrioti raccolti dall'avvocato socialista e antifascista Ettore Troilo ottennero un credito di fiducia dal maggiore londinese Lionel Wigram, un ebreo che seppe vedere negli occhi di quei giovani la scintilla della riscossa.
    Dopo la sfortunata esperienza della battaglia di Pizzoferrato, dove Wigram perse la vita alla testa di un reparto italo-inglese, la Maiella non avrebbe mai più conosciuto sconfitta. I primi 15 volontari diventeranno presto 1.500, strutturati in compagnie e plotoni, guidati sul campo dal capitano Domenico Troilo (non parente di Ettore) e sotto comando inglese prima e polacco dopo, inquadrati nel II Corpo d'armata del generale Wladyslaw Anders.
    Non volendo giurare fedeltà ai Savoia, rifiutarono le stellette sul bavero, sostituite dal nastrino tricolore. Avevano tesserino militare italiano (209ª e 228ª divisione di fanteria) ma non prendevano ordini dal Regio Esercito; indossavano uniforme britannica, ma sulla manica avevano lo stemma di reparto (la Majella imbiancata); non facevano parte del Corpo volontari della libertà e non avevano nessun partito o commissario politico. I maiellini furono ammirati e lodati dagli Alleati e temuti dai tedeschi per il loro valore. Il 21 aprile entrarono per primi a Bologna e poi liberarono Asiago.
    È stata la formazione col ciclo operativo più lungo, l'unica a combattere fuori dal territorio di costituzione e la sola decorata di medaglia d'oro al valor militare. Estromessa dal racconto della Resistenza per la sua particolarità, viene oggi arbitrariamente ricompresa tra le brigate partigiane alle quali non appartenne mai: i volontari, peraltro, hanno sempre tenuto a specificare che loro furono patrioti e non partigiani.
    Patricelli confuta la narrazione ideologica e smentisce altresì che furono i maiellini a cantare e diffondere "Bella Ciao", ponendo un serio spartiacque tra storia e propaganda, tra aderenza ai fatti e politicizzazione.
    Ricorda poi l'esperienza diretta del presidente Ciampi, che nel 1943-1944 era in Abruzzo e fu il primo Capo di Stato a recarsi in visita ufficiale al Sacrario di Taranta Peligna, e l'iniziativa del presidente Sergio Mattarella che ha dedicato la celebrazione del 25 aprile 2018 proprio alla Brigata Maiella.
   
   

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