Chi era Giuliano Scabia? Che cosa
è il suo Gran teatro immaginario? Lo spiega benissimo il
saggista e critico teatrale bolognese Massimo Marino, allievo
proprio di Scabia, nel libro "Il poeta d'oro" da poco pubblicato
da La casa Usher, che ricostruisce la storia e le opere del
poeta padovano scomparso poco più di un anno fa a Firenze a 86
anni.
Drammaturgo, regista, attore, pedagogo, romanziere e
affabulatore, Giuliano Scabia è stato soprattutto un poeta:
"Cercava di decifrare la lingua, - spiega Massimo Marino - le
lingue dei nostri tempi confusi, di scavarle e portarle a
consapevolezza. Lo ha fatto trascrivendo in poesia per musicisti
come Luigi Nono agli inizi degli anni Sessanta il mondo
dell'alienazione e dello sfruttamento della fabbrica; mettendo a
punto testi teatrali come sguardo profondo sulla nostra società
e su come cambiarla; inventando azioni a partecipazione, con
abitanti di quartieri periferici e di paesini, con studenti, con
i 'matti', in mille situazioni". In 248 pagine ricche di
illustrazioni (28 euro, il prezzo), "Il poeta d'oro" racconta la
storia e le opere di Scabia, restituendo una figura complessa ma
risplendente nel panorama culturale e artistico italiano, in
viaggio continuo nelle trasformazioni della lingua e della
società. All'interno delle esperienze condotte a Trieste da
Franco Basaglia nel 1973, Scabia ha costruito con altri artisti,
con medici, infermieri e pazienti, quel grande animale azzurro
di cartapesta, Marco Cavallo, simbolo della liberazione
dall'oppressione manicomiale, contribuendo al processo che portò
alla Legge 180 e alla chiusura degli ospedali psichiatrici.
Proprio in questi giorni Marco Cavallo è purtroppo al centro di
polemiche per lo sfratto ricevuto dal sindaco leghista di
Muggia, comune alle porte di Trieste dove è custodito, che lo
considera un "ingombro". Il volume di Massimo Marino non
trascura, naturalmente, l'altra fondamentale figura di Scabia,
quella del docente, insegnante per più di trent'anni al Dams di
Bologna.
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