LUCIANA BORSATTI , "IRAN. ILTEMPO
DELLE DONNE" (Castelvecchi, pp. 172, 17,50 euro) - Prefazione
di Lucia Goracci, Postfazione di Farian Sabahi.
''Se il diritto alla libertà è insopprimibile e radicale, se
rivendicarlo è già rivoluzione, se il suo valore è fondamentale,
nulla è semplice quando si parla di Iran''. Introduce così,
Luciana Borsatti, il tema della lunga ondata di proteste che
percorre da mesi tutto il Paese, al grido di Donna Vita Libertà:
un movimento scaturito dalla morte di Jina Mahsa Amini, la
giovane curdo-iraniana morta il 16 settembre mentre era detenuta
dalla polizia morale, quella che vigila sul rispetto
dell'obbligo del velo. Ma se proprio il velo è tema di scontro e
disobbedienza civile, e simbolo di una battaglia molto più ampia
delle donne per i loro diritti limitati dalle leggi della
Repubblica Islamica, sono molte e diverse le istanze che anche i
giovani uomini della generazione Z hanno portato avanti in una
coraggiosa battaglia. In primo luogo la rivendicazione di
condizioni di vita dignitose per tutti, in un'annosa crisi
economica che ha gravemente impoverito anche le classi medie.
Poi la lotta per le più elementari libertà personali negate, per
il diritto al dissenso, a una vera democrazia e alla
salvaguardia dell'ambiente. E anche per la possibilità di un
accesso equo alle risorse nazionali rivendicata da minoranza
etnico-religiose marginalizzate da decenni, a partire da curdi e
baluchi. E l'elenco potrebbe continuare, a smentire certe
rappresentazioni riduttive andate per la maggiore anche in
Europa e in Italia, dove gli slanci di solidarietà con la
#IranRevolution prima sembravano esaurirsi in un taglio di
capelli, poi sono continuati con richieste a gran voce, ai
governi occidentali, di dichiarazioni di condanna e misure forti
contro la Repubblica Islamica per la sua violenta repressione.
Ma le sanzioni pur inflitte a figure di vertice del sistema per
la violazione dei diritti umani - quelle economiche erano già
state messe tutte in campo dall'amministrazione Trump - non sono
servite a fermare le centinaia di uccisioni, le migliaia di
arresti e ferimenti, gli abusi in carcere e le esecuzioni dei
manifestanti, dopo processi e confessioni pubbliche in
violazione dello stato di diritto, tragicamente riprese lo
scorso 19 maggio.
Scossa da un movimento trasversale che ormai metteva in
discussione la sua stessa legittimità, ma incapace di
raggiungere la massa critica necessaria per sradicarla, la
Repubblica Islamica ha scelto la linea più dura per reprimere i
suoi figli e i suoi nipoti.
Ma se nei suoi precedenti libri - "L'Iran al tempo di Trump" e
"L'Iran al tempo di Biden" - Borsatti leggeva le vicende
iraniane alla luce delle decennali tensioni tra Teheran e la
controparte americana, ora lo sguardo si sposta sul ruolo
trainante assunto dalle donne (del resto già attive da tempo
nella società civile) nel porre l'urgenza di un cambiamento
condivisa da una vasta parte della popolazione iraniana.
L'informazione giunta in Occidente non sembra tuttavia
riflettere a sufficienza - il libro suggerisce - il dibattito
interno all'opposizione interna al Paese, attiva nonostante
molti suoi esponenti siano in carcere o agli arresti. E la
diaspora iraniana, pur massicciamente mobilitata nella
comunicazione (oggetto di un paragrafo specifico) e
nell'organizzare manifestazioni nelle nostre capitali, si è
mostrata in difficoltà sia nel definire una piattaforma politica
unitaria per una futura transizione costituzionale, sia nel
fornire strumenti concreti di sostegno per gli oppositori in
patria.
Ma le donne iraniane - conclude l'autrice - hanno nel frattempo
già aperto un'epoca nuova, guidando "una spinta collettiva per
il cambiamento a beneficio di tutti". Perché il potere può anche
frenare le rivoluzioni, ma non i processi profondi di
trasformazione sociale e culturale. E l'Iran non è e non sarà
più lo stesso.
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