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Ipermobilità e nonluoghi, l'overtourism visto da Christin

Ipermobilità e nonluoghi, l'overtourism visto da Christin

Saggio sulla storia del turismo di massa e le sue conseguenze

ROMA, 20 agosto 2024, 14:45

Redazione ANSA

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(di Chiara Venuto) TURISMO DI MASSA E USURA DEL MONDO - RODOLPHE CHRISTIN (ELÈUTHERA EDITRICE, PP. 136, EURO 13,30) - La fontana di Trevi è assediata dai turisti a tutte le ore del giorno. A Venezia si sgomita per passare dalle calli. Lunghe code e prezzi gonfiati sono la realtà quotidiana anche a Napoli.
    L'overtourism è un tema serio e tanto discusso, tra chi lo critica e chi sostiene non sia un problema. Rodolphe Christin, sociologo francese che da anni si occupa di questo argomento, lo racconta nel suo nuovo libro "Turismo di massa e usura del mondo", pubblicato per Elèuthera editrice con traduzione di Gaia Cangioli e postfazione di Paolo Cognetti, un saggio in cui lo studioso cerca di spiegare il passaggio dall'"uso" all'"usura" del mondo attorno a noi. Rispondendo anche ad alcuni interrogativi: è ancora possibile dirci viaggiatori? O la mobilità contemporanea, l'onnipresenza della comunicazione, il mercato globale ci hanno definitivamente trasformati in turisti, clienti e consumatori di un'enorme industria che vende la bellezza del mondo? Nelle sue centotrentasei pagine, Christin provvede a sradicare alcune delle convinzioni della società in cui viviamo con la maestria di chi ha a lungo riflettuto su determinati processi. Il suo è un occhio molto critico in merito a tutto ciò che riguarda il turismo com'è oggi, ma anche com'è nato. Per lui, la diffusione anche tra i ceti più bassi del desiderio turistico (una vera e propria "massificazione) in seguito all'introduzione del diritto alle ferie pagate è frutto di un processo di 'distrazione' da occupazioni che potevano includere anche "l'attivismo sedizioso", tra le altre cose. Da qui è nata un'industria che ha distrutto la dimensione simbolica del viaggio, divenuta una "fuga d'evasione" in posti in cui a dominare è la logica economica.
    Certo è che, in un modo ormai bombardato di foto in villeggiatura, in città d'arte o su montagne dai panorami mozzafiato, criticare il concetto di "ipermobilità" come fa lo studioso è una scelta controcorrente. Per lui viviamo in un'epoca "dromomaniaca", in quanto "il movimento dà l'impressione di vivere al massimo", un modello ideologico e di comportamento del quale "il turismo è la punta di diamante". Il risultato? Per Christin è lo sradicamento e la "standardizzazione dei luoghi", che vengono trasformati piuttosto in "nonluoghi" fatti di servizi per il consumatore.
    Turista che vi si reca perché continua a subirne l'"incanto", alla ricerca di un territorio in cui esista ancora un senso di comunità che, però, è in via d'estinzione proprio per via del turismo. La soluzione? Trovare un mondo per ritrasformare la 'mobilità' in 'viaggio': se la prima "sradica", il secondo "radica", sostiene Christin. Facendo bene a tutti, perché ridà consapevolezza a chi si sposta e a chi rimane.
   

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