VITO TETI, DIETA MEDITERRANEA.
REALTÀ, MITO, INVENZIONE (Treccani Libri, pp. 144, 10 euro)
Tante, tantissime verdure, un po' di frutta e cereali,
preferibilmente integrali. Sono gli alimenti alla base della
piramide alimentare della dieta mediterranea, lo stile di
alimentazione che ormai dagli anni Cinquanta viene riconosciuto
a livello internazionale come un modello di salute e benessere.
E di cui noi italiani, con una buona dose di patriottismo, ci
vantiamo di essere i creatori. Ma non è esattamente così. Di
questo e altro scrive Vito Teti, uno dei massimi esperti di
antropologia dell'alimentazione, nel suo 'Dieta mediterranea.
Realtà, mito, invenzione', per Treccani Libri. Ma con un punto
di vista diverso rispetto a quanto detto finora.
Biologi, nutrizionisti e medici continuano a raccomandare di
mangiare cereali, legumi, frutta, verdura, pesce e pasta. Le
mode passano, ma la dieta mediterranea resta. Così come il suo
mito. Ma cosa è vero e cosa non lo è? A questa domanda cerca di
rispondere Teti, che fa una sorta di 'fact-checking'
concentrandosi sulla dimensione storica, sociale e simbolica
delle culture della nostra parte d'Europa, analizzandole e
descrivendo in che modo si sia sviluppato nel corso degli ultimi
decenni il nostro modo di mangiare, dalla metà del Novecento
fino al dramma del Covid, con tutte le sue implicazioni
alimentari.
D'altronde, fino alla prima metà del secolo scorso la
'trinità mediterranea' - olio, grano e vino - era roba da
ricchi. Nel Sud Italia le popolazioni locali seguivano un regime
alimentare a base di pane di mais, patate, pomodori, peperoni,
legumi. E per il condimento usavano il grasso di maiale. In più,
tanti dei prodotti della dieta mediterranea non sono né 'locali'
né propriamente 'tradizionali', essendo arrivati dall'esterno,
dunque come risultante del susseguirsi di passaggi, incontri e
commistioni di popoli differenti degli ultimi secoli.
Alla fine, dunque, si può dire che anche la dieta
mediterranea è stata inventata dall'uomo. Non si riferisce alle
tradizioni di nessuna area del Mediterraneo, ma è stata creata
come soluzione alle necessità di un determinato periodo storico.
Ai tempi negli Stati Uniti veniva presentata e proposta come un
modello nutrizionale con cui combattere le malattie del
benessere (obesità, diabete, ipertensione, ipercolesterolemia)
che in quegli anni si stavano diffondendo. Poi, in un modo o
nell'altro, la 'nostra' dieta è arrivata fino a noi.
"Ritengo - scrive Teti - che il problema non sia tanto che la
dieta mediterranea sia un'invenzione, ma che sia un'invenzione
vaga, mobile, che abbraccia aspettative e memorie a volte
contraddittorie, che torna a un passato mitico e che diventa
discorso ideologico chiuso e autoreferenziale". In questo modo,
paradossalmente, riflette quasi "un 'mediterraneismo' esasperato
- prosegue l'antropologo - e insieme un 'mediterraneo-centrismo'
che non tiene conto del suo essere frutto di processi storici
globali fin dall'antichità, dimentica il carattere sociale e di
classe del mangiare e anche le mille varianti locali, che non
possono essere 'unificate'".
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