(di Elisabetta Stefanelli)
FRANCESCO DE FILIPPO, 'TRIESTE È
UN'ISOLA. LE PRIME E INVOLONTARIE INDAGINI DI VINCENZO
TAGLIENTE' (Castelvecchi, pag. 169, Euro 17,50).
''Trieste? Trieste è un'isola. No, non nel senso che sta
'mmiez' 'o mare, irraggiungibile per terra, che per arrivarci
devi fare un viaggio in nave o in aliscafo o, se hai le
possibilità e non soffri il mal di mare, in barca a vela o
motoscafo. No, in un altro senso, tanto è vero che a Trieste ci
puoi arrivare
tranquillamente co' 'o treno, che viaggia in un corridoio
italiano tra terre straniere e 'o mare. Nu paesaggio bello, mi
arricorda 'a costiera amalfitana. Ma quella è magica, chesta è
bella. Allora, qual è il senso? Voglio dire cioè che i triestini
hanno degli
isolani lo spirito: chella immagine sempre presente nel cervello
e dint' 'o core di essere unici e soli. E affiatati,
obbligatoriamente affratellati, perché tutti ugualmente
circondati ed esposti''. Ed è proprio in quest'isola, dove il
tempo si è fermato e le abitudini la fanno da padrona, poco
Italia poco Austria, mondo a parte, capita lui ''Tagliente
Vincenzo, di fu Antonio e di fu Quagliariello Giuseppa, di
Casavatore (bella chiavica), Napoli, 43 anni, ex agente sotto
copertura, poi messo in disparte per una vicenda poco chiara che
mo non mi va di spiegarvi''. È la sua voce dal forte accento
napoletano, dalla sonorità catilenante, che guida il lettore per
''Trieste'' nuovo romanzo di Francesco De Filippo per
Castelvecchi e sembra inaugurare una saga che ci speriamo
continui. Un uomo misterioso che vuole la pasta così al dente da
essere considerata cruda, per una spy story, un giallo, in un
mondo consumato, sospeso tra passato e presente. Sarà una
curiosa gita a Padriciano - meta obbligata per il viaggio della
memoria legato al dramma dell'Esodo giuliano-dalmata - a dare
una svolta alla sua noiosa vita sotto copertura, nella routine
impiegatizia in cui passa le sue giornate in un anonimo ufficio
postale. Lì nel campo si imbatte nell'enigmatica Anna Costorici,
una signora che parla un misto di quattro o cinque lingue ma non
l'italiano - almeno così sembrerebbe - con cui decide di passare
furtivamente la notte come fossero madre e figlio. Ma è solo
l'inizio di una storia molto complessa, che attraversa nodi
della nostra vita nazionale, questioni che ancora non sono
risolte in quella terra di confine in cui si trova Trieste ma
anche semplice storia di violenza e soprusi. E che tra migranti
di ieri e di oggi, arriva fino a sconfinare negli Stati Uniti,
''...nello Stato che professava la libertà, che si faceva
paladino della libertà e della democrazia''. Ma non è sempre è
così.
De Filippo racconta tutto questo con maestria mettendo
insieme un mosaico che vede non soltanto una straordinaria
ricchezza linguistica ma anche una sorta di fusione e
compenetrazione di piani e stili narrativi. È come se le forme
della scrittura trovassero tutte insieme un nido, e in questo è
calzante la metafora dell'isola che l'autore cita spesso.
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