Oltre dieci minuti di applausi e ovazioni hanno accolto l'11 agosto alla Vitrifrigo Arena di Pesaro la prima di Otello, terza opera in cartellone dopo Le Comte Ory e La Gazzetta del 43simo Rossini Opera Festival. Una platea con solo qualche posto vuoto a causa della difficoltà degli stranieri di riprendere a viaggiare dopo il Covid, ha tributato al cast e al direttore Yves Abel, sul podio dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, con il coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, un'accoglienza trionfale battendo in simultanea con le mani anche i piedi sul pavimento all'arrivo di Eleonora Buratto (Desdemona) e Dmitry Korchak (Rodrigo). Apprezzatissimi anche gli altri due tenori Antonino Siragusa (Iago) e Enea Scala (Otello), che dopo un inizio un po' incerto forse per l'emozione ha offerto una prova canora e interpretativa di livello, assieme ad Adriana di Paola (Emilia) e Engeny Stavinsky (Elmiro), con Julian Henao Gonzales (gondoliero) e Antonio Garés (Doge). Consensi, ma anche qualche contestazione per la regia di Rosetta Cucchi, abbinata alle scene di Tiziano Santi e ai costumi di Ursula Patzak. Rappresentato per la prima volta al Teatro del Fondo di Napoli nel dicembre del 1816, quando il compositore aveva appena 24 anni, il dramma per musica tratto da Shakespeare, ma presentato con alcune modifiche rispetto alla storia originaria nel ibretto del marchese Francesco Berio di Salsa, l'Otello di Rossini si avvale oltre che di un terzo atto, mai introdotto nelle opere precedenti, anche di tre tenori nei tre ruoli principali (Orello, Iago, Rodrigo) caratterizzati da diverse sfumature di canto, dando vita ad inusitati e coinvolgenti duetti e terzetti, inseriti in un'orchestrazione poderosa e ben concatenata dall'inizio alla fine dove accenni romantici si mescolano alla tradizione belcantistica. La storia d'amore e gelosia tra Otello, capitano della flotta veneta e Desdemona, che lo sposa segretamente contro il parere del padre Elmiro che voleva destinarla a Rodrigo, invidioso dei successi del Moro come pure Iago, che desidera Desdemona, ma non può averla, si trasforma nel riadattamento di Cucchi in una vicenda di rivalità tra esponenti dell'alta borghesia ambientata in un 'interno' contemporaneo: sala da pranzo, lavanderia e salotto con lungo tavolo, dove le donne (Desdemona e la sua cameriera Emilia) vengono maltrattate e disconosciute. Partendo dal femminicidio di Desdemona, proclamato dai giornali e reso visivamente in scena con proiezioni e immagini sullo sfondo, Cucchi procede a ritroso, analizzando la dimensione psicologica di tutti i personaggi, evidenziando quasi didatticamente le esperienze di vita e i traumi infantili che li hanno portati a diventare quello che sono. E se Iago, simbolo del male assoluto, non ha giustificazioni, Otello, un militare di successo, non più di colore nella regia di Cucchiche rinuncia al black face, ma non accettato per le sue umili origini da una società snob e classista, e per di più ingannato da Iago, appare più giustificato. L'uccisione di Desdemona, in ogni caso, assurge simbolicamente a quella di tutte le donne violate, prevaricate e impaurite, che nel finale appaiono unite sul proscenio 'piegate', da una ridda di maschi minacciosi e beffardi inquadrati nel palcoscenico come racchiusi in una porta, pronti a colpire ancora.
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