(dell'inviata Silvia Gasparetto)
I migranti e le "follie" green. La
famiglia e il no alle teorie gender, la difesa delle imprese e
degli agricoltori da concorrenti che non hanno regole. Giorgia
Meloni appare in video a ora di pranzo alla kermesse di Vox,
rispolvera i temi identitari e condivisi (non l'Ucraina),chiama
i conservatori, tutti, all'unità di fronte alla sfida "decisiva"
delle elezioni europee. E rilancia, di fronte a una platea già
galvanizzata, il sogno di una maggioranza tutta di centrodestra
che metta fine a quelle "alleanze innaturali e controproducenti"
che hanno governato finora a Bruxelles.
Anche se le destre sono in crescita, rispedire
all'opposizione i socialisti resta una partita difficilissima,
sondaggi alla mano, ma in piena campagna elettorale tutti i
partiti sono impegnati a capitalizzare il più possibile il
consenso. Ecco allora che l'Europa deve ritrovare "orgoglio e
identità" che la sinistra vuole "cancellare", scandisce la
premier, con toni ben più moderati di altre apparizioni alla
kermesse del partito dell'estrema destra spagnola. Oggi la sua
posizione è diversa da quel 2021 di "yo soy Giorgia" gridato in
presenza sempre alla convention di Vox. "Sono la prima
presidente del Consiglio di destra, la prima donna", rivendica,
respingendo al mittente le accuse di volere "distruggere
l'Europa" che non hanno fatto che "rafforzarci". Oggi Meloni si
collega in video, "per non sottrarre tempo ai suoi impegni
istituzionali" come ripetono dal partito, anche se poi attacca a
testa bassa quelle scelte e "priorità" tutte "sbagliate"
dell'ultima legislatura europea a traino socialista. "Ci attacca
dalla Spagna dicendo che la sinistra cancella l'identità" ma "le
ricordiamo dall'Italia che dopo un anno e mezzo al governo lei
sta cancellando la libertà delle persone", insorge Elly Schlein.
Mentre Italia Viva accusa Meloni di posizioni "strumentali"
perché "si appresta a spalancare le braccia a Marine Le Pen e a
Vicktor Orban così come ieri (strumentalmente) abbracciava una
Von der Leyen oggi ammaccata, e per questo rapidamente
scaricata".
Certo le critiche sono esplicitamente rivolte ai socialisti
ma il convitato di pietra resta in effetti von der Leyen, che ha
guidato la Commissione in questi 5 anni ed è espressione di quel
Ppe che ha perpetuato l'alleanza con la sinistra. La premier non
la cita mai a differenza di Marine Le Pen che la addita come
nemica della "vera Europa" a braccetto con Emmanuel Macron.
Immediati gli applausi della Lega di Matteo Salvini, che torna
subito a chiedere che "la totalità dei partiti alternativi alla
sinistra, anche in Italia, confermino l'indisponibilità ad
alleanze innaturali con i socialisti o con il bellicista
Macron". Uno scenario, auspicato peraltro anche dal ministro
della Difesa, Guido Crosetto ("spero in un'alleanza che
comprenda il centrodestra e la destra" ha detto in tv),ma che
non piace per niente a Forza Italia e ai moderati. Il perno a
Bruxelles, è il ragionamento, rimane il Ppe (che sarà peraltro
con ogni probabilità di nuovo il gruppo più numeroso) e le
intese non si possono fare con chi "è ostile all'Europa" come Le
Pen, ribadisce Maurizio Gasparri proprio nel giorno in cui si
registrano segnali di riavvicinamento tra la leader del
Rassemblement National e la premier. "Ci sono punti in comune",
dice Le Pen prima di parlare davanti ai "patrioti" riuniti al
Palacio Vistalegre di Madrid, acclamatissima, quasi quanto il
presidente argentino Javier Milei.
E' lui il più atteso e il più applaudito, anche se i "circa
10mila" presenti, secondo i calcoli di Vox, apprezzano tutti gli
interventi, compreso quello di Viktor Orban che invita i
"patrioti" a "occupare Bruxelles". Milei però si prende la scena
in stile rockstar e apre il suo intervento cantando 'Panic
show', pezzo hard rock del gruppo argentino La Renga. Cambia
pure le parole per attaccare 'los zurdos', i detestati rivali
della sinistra. E poi, con impeto, prende di mira la moglie di
Pedro Sanchez: "è corrotta" dice Milei, ricevendo la condanna da
parte dell'Alto rappresentante per la Politica estera della Ue,
Josep Borrell, e scatenando una crisi diplomatica con la Spagna,
che convoca l'ambasciatore.
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