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Portrait al plurale di Mehdi Kerkouche a Spoleto

Portrait al plurale di Mehdi Kerkouche a Spoleto

Al festival travolgente nuovo spettacolo del coreografo francese

SPOLETO, 02 luglio 2024, 15:54

Redazione ANSA

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(di Elisabetta Stefanelli) La scena è vuota, al centro c'è solo un lungo rettangolo nero, lucido, e il resto lo fanno il bianco del Teatro Romano di Spoleto e la luce del giorno che muore. Mehdi Kerkouche ha portato alla 67/a edizione del festival dei Due Mondi diretto da Monique Veaute questo suo Portrait, ovvero ritratto, che a dispetto del titolo è uno spettacolo decisamente plurale.
    Prima di tutto sono otto i danzatori in scena, anzi nove: quattro donne e quattro uomini, più una. Quelli della sua compagnia del resto, il Centre Chorégraphique Nationale de Créteil et du Val-de-Marne, che raccoglie artisti che vanno dai 20 ai 67 anni, provenienti dalle più diverse esperienze - hip hop, street jazz, cabaret, circo contemporaneo - così come il coreografo che ha iniziato imitando dalla tv i video di Prince, Michael Jackson, Britney Spears.
    Ed è proprio la diversità dei caratteri, delle emozioni, delle età, delle provenienze, insomma appunto il plurale, a tessere la trama di questo intenso spettacolo che Mehdi Kerkouche, nei sui 38 anni, ha portato in scena ora per il Festival dei Due Mondi decisamente con successo, vista l'ovazione alla fine che ha costretto gli artisti a varie uscite. Otto danzatori in scena, dicevamo, tutto in grigio, più una donna dai capelli e dagli abiti bianchi a fare da contrappunto, in una simbolica veste legata ovviamente allo scorrere del tempo ma anche alla saggezza, al controllo, alla dolcezza materna che accoglie.
    Quattro donne e quattro uomini, in scena tutti insieme tranne che per l'assolo di ognuno di loro con toni assolutamente diversi, per simboleggiare vari sedimenti culturali che sono propri del lavoro di Kerkouche, ballerino e coreografo francese di origini algerine proveniente dalla cultura pop, e di grande popolarità. Tutti elementi coniugati in Portrait dove si va dalla danza da strada fino a quella mistica, in un crescendo che entusiasma anche grazie alla musica originale elettro-pop di Lucie Antunes. "Ho sviluppato l'idea di riunire in scena un gruppo di persone che non si sono scelte tra loro, ma che costituiscono un insieme nel quale le emozioni evolvono di continuo", spiega nelle note il coreografo. Ed è questo il senso di questo spettacolo dove, come nella vita, basso e alto, urlo e abbraccio, amore e odio, cadere e rialzarsi, e poi rimanere fermi in un piano: ogni sfumatura di ogni relazione diventa gesto simbolico, intensità pura in cui la parola non ha più nessun significato e l'essere umano diventa corpo significante capace di librarsi verso l'alto o di sprofondare nell'abisso, in ogni caso di rimandare l'immagine di un ritratto che è profondamente solitario e allo stesso tempo collettivo.
   

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