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Spoleto, 'Morte a Venezia' tutta un dialogo tra sguardi

Spoleto, 'Morte a Venezia' tutta un dialogo tra sguardi

Spettacolo di e con Liv Ferracchiati e con Alice Raffaelli

ROMA, 13 luglio 2024, 15:39

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Paolo Petroni) Il professor Aschenbach, protagonista di ''Morte a Venezia'' di Thomas Mann, cui questo spettacolo di Liv Ferracchiati e Alice Raffaeli che ha debuttato al Festival di Spoleto rimanda sin dal titolo, vede sgretolarsi le proprie certezze, la propria capacità di autocontrollo, osservando il bellissimo e biondissimo adolescente polacco Tadzio sulla spiaggia del Lido. Un rapporto tutto fatto solo attraverso la vista e qualche gesto, mai verbale e sapendo, come lo stesso Mann annota, che 'nulla esiste di più singolare e scabroso che il rapporto tra persone che si conoscono solo attraverso lo sguardo''.
    Ecco allora l'eleganza, la fisicità di una donna in scena che si muove e danza e l'occhio di una videocamera che la segue e ne proietta l'immagine su un grande schermo, con lei che guarda intensa, fissa in camera e la sua immagine che guarda dritta gli spettatori, coinvolti nel gioco di sguardi visto che all'inizio anche loro compaiono sullo schermo come in uno specchio. E questo gioco, questa rappresentazione silenziosa, che giungerà alla coscienza dell'indicibilità dell'assoluto della grazia e della bellezza, a sottolineare l'importanza del non detto rispetto al detto, è in realtà verbalissima, con Ferracchiati che, dietro la macchina e poi quando la lascia e avanza sulla scena, dà voce a Mann e a Ascenbach per tutta la durata dello spettacolo, rivolgendosi all'oggetto del suo desiderio ora al maschile, ora al femminile, come a voler ampliare e rendere più generale il dionisiaco rapporto di seduzione. Con momenti anche pop, se si intonano i versi ''all'improvviso sei arriva to tu, mi hai guardato, e allora tutto è cambiato'' di ''Mi sei scoppiato dentro il cuore'' di Mina.
    Scabroso, turbamento, sgomento e meraviglia sono le parole che più vengono ripetute in partenza e il cui senso deve condurci sino al finale autodistruttivo, alla morte del professore sulla spiaggia, vicino al treppiedi di una macchina fotografica col suo emblematico panno nero svolazzante, come ci ricorda il racconto di Ferracchiati, mentre il viso della Raffaeli sempre più si tinge di drammatico e arriva a rappresentare l'urlo di Munch.
    Tutto un difficile gioco di insistenza quindi, di visione quasi concettuale, eppure forte della fisicità della Raffaeli, di un corpo elegantemente disarticolato che si esibisce e si richiude, che pare astratto e poi mima il caldo sino a mettere in azione anche i lunghi capelli, con l'apparizione di una poltrona da barbiere (come del resto nel racconto di Mann) per il finale con Ferracchiati-Aschenbach che vorrebbe farsi più bello e giovane e si muta invece in una sorta di tragico Pierrot, dal volto coperto di biacca su cui cala una lunga lacrima blu. E' la lacrima che secondo Josif Brodsky spunta per l'incapacità dell'occhio di trattenere la bellezza, come enunciato nelle parole del poeta russo proiettate a esergo dello spettacolo. E' l'incapacità e, di conseguenza, l'indicibilità che lo porterà alla morte, in una Venezia dove è scoppiata un'epidemia di colera e il professore si contagia facendosi sedurre dalla fragranza delle fragole, frutti rossi che sono ammucchiati dall'inizio in un angolo a ricordaci il finale e la loro ambiguità pericolosa.
    ''Morte a Venezia'' è nato, ci viene detto, anche da un lavoro intenso di equipe, con Eliana Rotella (assistente alla drammaturgia), Michele De Vita (dramaturg) e i suoni e gli sciabordii di Spallarossa (Giacomo Agnifili) pare costruiti come in un film a spettacolo montato nello spazio scenico di Giuseppe Stellato. A Spoleto si replica sino a domani, poi il lavoro, prodotto da Marche Teatro, Stabile dell'Umbria, Teatro di Napoli-Bellini in collaborazione col Piccolo di Milano, sarà ad Ancona a metà novembre, al 1 dicembre a Napoli e dal 10 al 15 al Gobetti di Torino, poi a gennaio, dal 16 al18 al Morlacchi di Perugia, dal 5 al 9 febbraio all'India a Roma e infine il dal 15 al 25 maggio a Teatro Studio di Milano.
   

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