"Il Mercante di Venezia",
capolavoro senza tempo di William Shakespeare, sarà in scena
alla Galleria Toledo di Napoli restituito alla scena in una
nuova edizione che ne rinnova la forma, seppur restando fedele
alla sua originale, drammatica, forza. Lo spettacolo sarà al
Teatro stabile d'innovazione da giovedì 21 a domenica 24
novembre (giovedì e sabato alle ore 20.30, venerdì alle 19 e
domenica alle 18), prodotto da Galleria Toledo con la regia di
Laura Angiulli in uno spettacolo che da anni Galleria Toledo
propone con grande successo di pubblico, tra repliche serali e
rappresentazioni - in matinée e pomeridiana - dedicate a scuole
e università. Ogni edizione ha riscosso un entusiastico
consenso, facendo di questa messa in scena un appuntamento
imperdibile per chi desidera confrontarsi con il genio
shakespeariano in una versione che non smette mai di rivelarsi
sorprendente. Quest'anno infatti Laura Angiulli, esperta
conoscitrice della poetica elisabettiana, propone un'esperienza
visiva e drammaturgica che si nutre della tradizione ma la
reinterpreta, per un pubblico moderno e attento.
L'allestimento scenico è fondamentale: come di consueto, gli
attori reciteranno immersi nell'acqua, elemento che potenzia la
carica simbolica di questa straordinaria opera. L'acqua diviene
infatti metafora di un mondo ambiguo, dove i confini tra
giustizia e ingiustizia - tra bene e male - si mescolano, senza
mai trovare davvero pace; ogni goccia, così come ogni parola e
ogni silenzio, contribuisce a costruire un affresco complesso
che ci mette di fronte alle sfumature dell'animo umano ed i suoi
fragili, talvolta oscuri, equilibri.
La stessa regista sottolinea che "Il Mercante di Venezia" è
"un'opera straordinaria - sottolinea Angiulli - che nella
leggerezza solo fittizia della fabula tesse il nodo drammatico,
che ne attraversa senza soluzione la materia compositiva. Senza
soluzione, si diceva, perché nell'apparente happy ending della
vicenda resta aperto con inalienabile amarezza il versante etico
dell'opera, sollevando incertezze proprio su quella felicità che
nelle conclusioni di una commedia dovrebbe spartirsi fra tutti,
e che in questo caso invece lascia aperto sul campo un dibattito
impossibile a definirsi sul come - nel rovesciamento dei canoni
della logica corrente - il carnefice venga infine a trovarsi
vittima". L'opera shakesperiana è per la regista "una
costruzione complessa, e sembra sfuggire a una precisa
definizione di genere, perché se è vero che pare muovere con
leggerezza tutto quanto attiene al luogo Belmonte - isola
sospesa nel trascorrere verso il compimento del promesso amore -
e all'universo di Portia con tutto quanto ad esso si accompagna
come desiderio, astuzia, travestimento, abilità di portare a
buon fine gli eventi. Per contro su altra sponda il sangue è
richiamato in un versante di fantasiosa cupezza: è la vena
oscura che conduce alla figura-Shylock e al drammatico sviluppo
della di lui storia, irrimediabilmente portata a sventura. Né si
esclude dal contesto problematico il personaggio-Antonio,
sfumato nella velatura dell'amore infelice per l'amico Bassanio,
al cui benessere dedica disponibilità ben oltre il suo stesso
interesse, fino al rischio della vita".
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