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Gregory racconta il piacere del cibo

Gregory racconta il piacere del cibo

Filosofo in difesa della tradizione in nome di gusto e cultura

ROMA, 09 marzo 2021, 11:19

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Paolo Petroni) TULLIO GREGORY, ''L'EROS GASTRONIMICO'' (LATERZA, pp. 186 - 16,00 euro) - "All'arbitraria creatività linguistica che oggi imperversa in tanti menù alla moda sarebbe opportuno contrapporre un lessico rigoroso, specchio di altrettanto rigorose ricette posto che la cucina non deve stupire o provocare un effetto choc, ma suscitare piacere evocando modelli dai sapori noti e precisi'', scriveva Tullio Gregory (1929-2019), tra i nostri più importanti storici della filosofia, docente alla Sapienza di Roma e all'Ecole des Hautes Etudes della Sorbona, Accademico dei Lincei e tra i fondatori del Festival Filosofia di Modena.
    Contrario da sempre alla cucina moderna creativa ''che mette tutto sul conto e niente sul piatto'' la definiva ''cucina dell'improvvisazione'' contrapponendola a quella della tradizione ''la sola che valga''. Era quindi sempre in lotta contro le mode, le ricerche più curiose, le invenzioni eclatanti oggi assurgenti all'onore delle cronache e delle trasmissioni tv, in nome della ''cucina in rapporto alle stagioni e al territorio, da difendere in quanto fatto culturale''. A proposito dello studioso, Michele Ciliberto in un suo ricordo che chiude il libro scrive: ''Tullio Gregory si muoveva in una prospettiva per alcuni aspetti diversa (da quella del suo maestro Garin), proprio perché era incentrata sul primato dei testi che lo avrebbe infine condotto, nel 1964, alla fondazione del Lessico Intellettuale Europeo''. E questa predilezione per i testi oggi ci appare chiaramente, nel suo aspetto culturale e metodologico, anche alla base di quella sua passione, pratica e teorica, per la cucina, per la gastronomia affrontata appunto partendo dai dati base, dalle ricette della tradizione, accostate in maniera quasi filologica, punto di partenza per un discorso storico e antropologico sull'identità di una regione o un popolo, per ''ritrovare il senso di una civiltà della cucina, che è un momento non marginale della nostra storia culturale e civile''.
    Ecco allora che non appare più eccentrico o curioso rispetto alla sua produzione più alta e accademica questo libro che raccoglie i suoi scritti sull'arte e il piacere del cibo (a cura di Gianni Moriani), pubblicati essenzialmente sul ''Sole 24 ore'' nell'arco tra il 1995 e il 2019, anno della sua morte, pochi mesi prima di compiere 90 anni. Sono testi che invitano a rivisitare il passato, partendo da medioevo e rinascimento, dall'arte dei banchetti più sontuosi alla nascita della cucina illuminista borghese, partendo, solo per fare degli esempi, da letture che vanno da Rabelais a Voltaire o Casanova, dall'Encomio del vino del dotto bizantino Michele Psello al Libro de arte coquinaria del quattrocentesco Maestro Martino, dal cinquecentesco Herbario nuovo di Castore Durante al grande dizionario di cucina di Alexandre Dumas, sino ai nostri giorni, con l'immancabile Artusi o il Carnacina. Sono articoli in cui troviamo l'elogio del maiale ''enciclopedico'', perché di lui si utilizza assolutamente tutto, o le sostanziali differenze e specificità delle preparazioni bollite, arrostite o fritte, con anche i coltelli da usare e il modo migliore di servirle, la pasta, dai pasticci agli spaghetti, o le proprietà culinarie del pomodoro e le varie verdure, che si leggono con attenzione intellettuale, ma anche un po' di acquolina alla bocca, perché l'autore ci fa sentire la sua passione e tutto quel pia cere per la tavola e gusto che lui stesso provava. ''Per una fenomenologia del gusto'' si intitola del resto la Lectio magistralis che apre il volume, tenuta da Gregory a Parma nel 2009, partendo dalla definizione che del gusto dà l'Encyclopédie e ricordando che ''fin dalla società primitive la manipolazione degli alimenti non risponde solo la bisogno nutrizionale, ma si colloca in un cosmo intellettuale e fantastico ove si incontrano uomini e dèi, sacro e profano, morti e viventi, caricando il cibo di valori che trascendono la sua natura materiale''. Il tutto poi tradotto praticamente nei piaceri e profumi dei ''Menu filosofici'' da lui curati per i ristoranti di Modena, Carpi e Sassuolo durante diciotto anni di edizioni del FestivalFilosofia.
   

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