ROMA - L'Italia non è più un paese per inattivi, termine statistico che indica quanti né sono occupati né cercano un posto. Rientrano nell'etichetta usata dall'Istat pensionati, casalinghe, studenti. Un mondo variegato che ha un solo fattore in comune: non è parte della galassia lavoro. Da qualche tempo non si fa altro che registrare una progressiva riduzione di questo esercito, che comunque ancora oggi conta oltre 14 milioni di 'arruolati'. In un solo anno quelli che si potrebbero definire come 'disinteressati al lavoro' sono diminuiti di oltre 300 mila in un anno. Si tratta principalmente di donne che hanno rinunciato a ricoprire esclusivamente il ruolo di massaie e, complice la crisi (un figlio o un marito disoccupato), si sono messe a caccia di un impiego. Ma tra le 175 mila inattive in meno (contro 137 mila uomini), stando agli ultimi dati di novembre, sicuramente non mancano signore che qualche anno fa, alla stessa età, si sarebbero ritrovate a casa, pensione in mano. D'altra parte la riforma Fornero e l'adeguamento alle aspettative di vita ha inasprito i requisiti per la messa a riposto, tanto che gli ultimi dati trimestrali dell'Istituto di statistica spiegano come la diminuzione del numero degli inattivi sia dovuta soprattutto ai 55-64enni, a seguito delle "mancate uscite dall'occupazione generate dall'inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione". Tornando ai dati più aggiornati, alle stime di novembre, tra i 312 mila inattivi persi c'è però anche una fetta, non trascurabile, di giovani. Il numero di under25 fuori dal mercato del lavoro scende, infatti, a 4 milioni 304 mila, in calo di quasi 100 mila unità su base annua (precisamente -93mila).
Numeri dietro cui si potrebbe leggere una perdita di presa da parte dell'università (i dati trimestrali rilevano una discesa dell'inattività per motivi di studio), con la caccia al posto che comincia a un'età più 'tenera' rispetto a quanto accaduto fino a poco fa.
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