Vengono classificati come inattivi disponibili che non cercano lavoro ed in Italia sono il triplo di quelli europei: in gran parte è il popolo dei 'senza fiducia'. Sono coloro che vorrebbero lavorare, ma hanno deciso di rinunciare a cercare un impiego perché bloccati dalla sfiducia di trovarlo, dalla cura dei figli o comunque da impegni familiari o da altri motivi, tra cui c'è però anche lo studio e la formazione professionale. Le donne - e geograficamente il sud del Paese - guidano la classifica di questa non ricerca.
Statisticamente appartengono, appunto, all'universo degli inattivi, a coloro che fanno parte delle forze di lavoro potenziali: non hanno un'occupazione né la cercano, ma la loro condizione è molto simile a quella dei disoccupati, perché come loro aspirano a trovare un giorno un'occupazione.
Tra questi, ci sono i cosiddetti scoraggiati, coloro cioè che hanno rinunciato a cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo (una fetta che cresce soprattutto al sud ma che in generale interessa sia gli uomini che le donne). Oltre allo scoraggiamento, c'è anche la cura dei figli o dei familiari tra i motivi della mancata ricerca del lavoro, che incide in maniera più significativa sulla componente femminile. E, soprattutto tra gli uomini invece, c'è chi attende l'esito di ricerche passate.
A fotografare la situazione sono gli ultimi dati trimestrali dell'Istat: rispetto al totale dei 3,6 milioni di persone disponibili a lavorare ma che non cercano, contati nel terzo trimestre 2014, infatti, 2,1 milioni sono donne, quasi 1,5 milioni gli uomini. Sul totale, quasi la metà è rappresentata da scoraggiati: 1,7 milioni (un milione le donne). In generale sono oltre 2,2 milioni nel solo Mezzogiorno (di cui quasi 1,3 milioni le donne). Tra i giovani, 1,4 milioni sono under35. La metà di questi inattivi, infine, ha un basso livello di istruzione: 1,8 milioni hanno infatti un titolo di studio di scuola elementare o media.
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