Il rischio deflazione non esiste, e semmai è un "pretesto" per finanziare gli stati in difficoltà: la Bce ha già superato i limiti "da tempo". Lo sfogo di Juergen Stark, ex membro tedesco del board della Bce, è emblematico, per descrivere il clima in cui la Germania si prepara al possibile annuncio del programma di "acquisto in grande stile" dei titoli di Stato. E mentre l'umore si rabbuia fra dubbi e bocciature nette, Angela Merkel tenta di riparare i danni interni del via libera dato al Qe di Mario Draghi insistendo, ancora una volta, sulle riforme: "Per me è importante che vengano evitati i tutti i segnali - ha detto oggi - che potrebbero indicare che vengano indebolite la necessità delle riforme e una maggiore cooperazione dei paesi europei". Parole che pesano di più della risposta standard - ripetuta anche stamani dal suo portavoce Steffen Seibert - sulla "indipendenza" dell'Eurotower, elemento tirato in ballo per giustificare il consueto silenzio della cancelleria sulle misure prese a Francoforte. E che sembrano dare ragione a die Welt, secondo cui stavolta Draghi ha "dovuto rinunciare al sostegno pubblico" del duo Merkel-Schaeuble sul suo piano, ricevendo al contrario smentite sullo scenario deflattivo da quest'ultimo. C'è però anche chi denuncia - lo ha fatto il verde Gerhard Schick - il "doppio gioco" dell'Unione sulla Bce: Merkel e il suo ministro sono in realtà "ben contenti che sia lui a fare il lavoro sporco", e Schaeuble deve a Draghi anche il pareggio di bilancio raggiunto in anticipo.
Il dibattito sul Qe, come calcolabile, è caldo: con diverse critiche e qualche voce a favore importante. Dalle pagine dell'Handelsblatt, Stark ha affermato che "il confronto sulla deflazione in Europa è del tutto esagerato" e "trarre le drammatiche decisioni di politica monetaria dai valori mensili dell'inflazione è completamente ingiustificato". L'accusa a Draghi è esplicita: "La Bce vuole diminuire i costi di rifinanziamento di alcuni Paesi. Questo è qualcos'altro rispetto alla politica monetaria. Questo è il ruolo di una banca centrale come erogatore di crediti di ultima istanza e come finanziatore statale". Anche il capo dell'industria Ulrich Grillo (Bdi) è scettico sui possibili effetti delle iniziative della Bce: "la politica monetaria da sola non basta, sono necessarie le riforme". Ormai però non c'è ritorno: i mercati attendono l'annuncio del programma, se non arrivasse ci sarebbero conseguenze negative, ha avvertito. Sul fronte opposto la voce, fuori dal coro, di Marcel Fraztscher, presidente dell'istituto Diw, secondo il quale, invece, il Qe potrebbe rendere l'euro "più stabile" aiutando anche l'economia e l'export tedesco.
L'economista è contrario anche ai compromessi in circolazione da giorni, sull'ipotesi che siano le banche centrali nazionali a rispondere dei loro titoli: "temo che questo possa rendere meno efficaci le misure in programma", ha spiegato allo Spiegel on line, citando proprio il caso italiano. Questa impostazione farebbe infatti "scendere i tassi italiani meno del previsto, la congiuntura non sarebbe incentivata come sperato e il tasso di inflazione non potrebbe raggiungere di nuovo il 2%". I tedeschi sbagliano a pensare che ciò che è buono per i vicini sia negativo per loro - conclude - e hanno una idea sbagliata della crisi.
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