Nel quarto trimestre del 2014 per le famiglie con una spesa media mensile più bassa, con tutta probabilità le più povere, l'Istat registra prezzi negativi, quindi in deflazione (-0,2%). Per i nuclei che invece hanno i livelli più elevati di acquisto, i più benestanti, l'indice è risultato positivo (+0,3%).
Stesso discorso vale per la media del 2014: per chi mette meno spesso mano al portafoglio l'inflazione è risultata pari a zero, contro un +0,4% per quelle con i livelli di acquisto più elevati, fa sapere sempre l'Istituto di statistica nel report 'La misura dell'inflazione per classi di spesa delle famiglie'. Il rallentamento rispetto al 2013 (nel complesso si è passati dal +1,3% al +0,2%) è stato netto e ha toccato tutte le famiglie (divise in cinque fasce), ma la frenata, spiega l'Istat, è stata "più marcata" per quanti hanno flussi in uscita più esigui (da +1,3% a una variazione nulla), rispetto a coloro con più possibilità economiche (da +1,2% a +0,4%). C'è una motivazione: l'anno scorso la discesa dai prezzi ha interessato soprattutto l'energia, quindi i carburanti, e gli alimentari, capitoli che, sottolinea l'Istat, hanno un'incidenza sul bilancio delle famiglie con minore capacità di spesa "più che doppia" a confronto con quelle che effettuano gli acquisti più massicci.
Saldo ultimi 9anni, +22% su 'poveri', +18% 'ricchi' - Sono "le famiglie con minore capacità di spesa a beneficiare maggiormente del rallentamento dell'inflazione, diversamente da quanto si verifica nelle fasi di accelerazione" dei prezzi. Così l'Istat, che spiega: nel periodo tra il 2005 e il 2014, con 5 anni su 9 con inflazione pari o superiore al 2%, l'indice per le famiglie con la spesa media più bassa, le più povere, è aumentato del 21,8%, a fronte del 18,2% registrato per le quelle con la spesa più alta, le più ricche.
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