Abbracci e bracci di ferro. La lunga relazione tra Bankitalia e il mondo della politica è stato da sempre caratterizzato da un saliscendi di stato d'animo: durante il fascismo, nell'immediato dopoguerra, prima e dopo il divorzio tra Tesoro e l'allora banca d'emissione. Da sempre considerata la riserva della Repubblica, l'arbitro autorevole e il punto fermo e di riferimento di ogni civil servant, Via nazionale nei momenti di crisi della politica ha fornito i cavalli di razza, come un tempo si diceva dei protagonisti DC.
Così Luigi Einaudi diventa il primo Presidente eletto dal parlamento, Guido Carli prende le redini dell'economia e della Confindustria nella crisi degli anni Settanta. Carlo Azeglio Ciampi sale a Palazzo Chigi durante la crisi del 1993 seguita al crollo dei partiti per Tangentopoli, poi porta l'Italia nell'euro come ministro del Tesoro e lo vede materialmente nelle tasche degli italiani durante il suo Settennato al Quirinale. Ma prima aveva dovuto riportare il sereno a Palazzo Koch dopo l'attacco politico-giudiziario al governatore Paolo Baffi e l'arresto del vice direttore Mario Sarcinelli sulla scia della vicenda Ambrosiano-Calvi. Dopo di lui al piano nobile della Banca d'Italia andrà Antonio Fazio contro la consuetudine che avrebbe voluto a succedere Lamberto Dini, del resto arrivato alla carica di direttore generale, secondo alcuni, per un veto politico alla nomina di Tommaso Padoa-Schioppa.
Lo stesso Dini diventerà a breve prima ministro del Tesoro poi presidente del Consiglio, traghettatore tra il governo Berlusconi e la prima legislatura di centro-sinistra durante la quale ricopre diversi incarichi di governo. Sarà ancora un direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, a prestare giuramento come responsabile del Tesoro nel governo di Enrico Letta dopo la lunga impasse seguita alle elezioni del 2013. E fu proprio lui sei anni fa a cadere sotto i veti incrociati della politica che lo videro sconfitto a favore di Ignazio Visco che oggi vede a sua volta traballare quella che sembrava una inevitabile riconferma a causa di un nuovo colpo della politica che lo motiva chiamando in causa il comportamento tenuto durante le crisi bancarie degli ultimi anni, dal crollo di Mps alla risoluzione dei quattro istituti 'minori' alla crisi delle 'venete'. Episodi che saranno all'esame della neo-costituita commissione d'inchiesta parlamentare sulle banche. Se alla 'supplenza' politica di Bankitalia si è ricorso nei momenti di crisi istituzionale è nel momento di maggiore evoluzione del sistema bancario italiano che lo scontro tra Bankitalia e politica diventa eclatante con il governatore Fazio a difesa dell'italianità delle banche ad ogni costo contro i tentativi di scalate straniere e la politica che tende a riportare la questione nell'alveo del libero mercato e sopratutto del rispetto della normativa Ue.
Lo scontro durerà mesi, e vedrà prima il governatore resistere contro i ministri Tremonti e Siniscalco e poi cedere alla magistratura che denuncia alcune irregolarità e rendeva pubblico il 'bacio in fronte' con cui Gianpiero Fiorani ringraziava il governatore per l'ok alla scalata su Antonveneta. Fazio si dimetterà il 19 dicembre del 2005 dopo che il suo passo indietro era stato chiesto da tutti in Italia e all'estero con uno scontro che aveva imbarazzato tutti durante l'Ecofin di Manchester (disertato dal Governatore) e il Fmi, dove il ministro dell'Economia aveva ritirato le deleghe a Fazio per rappresentare l'Italia. E' la rivincita di Tremonti che affermava a più riprese di avere sulla sua scrivania di ministro (quella di Quintino Sella) una scatola di pelati Cirio a ricordare un'altra delle crisi industriali-bancarie che hanno investito i risparmiatori italiani e su cui a più riprese la politica si è lanciata nel corso degli anni per denunciare i limiti della vigilanza e delle autorità di controllo.
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