La Cina segna nel secondo trimestre un Pil in crescita annua di appena lo 0,4%, pagando un conto salatissimo per le politiche della 'tolleranza zero' al Covid-19, costata tra l'altro a Shanghai il blocco totale ad aprile e maggio.
Il dato, diffuso dall'Ufficio nazionale di statistica, è il peggiore dal -6,8% di inizio 2020, nel pieno della pandemia, ed è inferiore alle attese degli analisti (+1%) e al primo trimestre (+4,8%). Su base congiunturale, invece, si registra un tonfo del 2,6% contro il -1,5% atteso e il +1,4% rivisto dei primi tre mesi 2022.
In particolare l'economia di Shanghai è crollata del 13,7% annuo nel secondo trimestre per i lockdown draconiani di aprile e maggio per contenere la peggiore ondata di Covid-19 in oltre due anni di pandemia. Dai dati diffusi oggi dall'Ufficio nazionale di statistica cinese è emerso che 5 delle 31 province, regioni e municipalità speciali hanno visto il Pil in contrazione, a fronte di un rialzo nazionale dello 0,4%. A Pechino l'economia si è contratta del 2,9% a causa della chiusura di palestre, ristoranti e parte dei trasporti pubblici per contenere i focolai di variante Omicron. Male anche Jiangsu (-1,1%), Jilin (-4,5%) e Hainan (-2,5%).
Sono scenari complicati in vista del XX congresso del Partito comunista di fine anno.
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