Il governo apre alla vendita di Mps, di cui detiene il 64,2% del capitale, ma nella maggioranza di governo si aprono subito le prime crepe sul disimpegno da Siena, con la Lega che non perde tempo per segnalare come una cessione non sia all'ordine del giorno.
"Su Mps si deve procedere alla privatizzazione, lo Stato non deve fare il banchiere. Prima si fa meglio è", ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, presidente di Forza Italia, intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio. "Credo che sia giusto andare su questa strada", gli ha fatto eco il collega, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy ed esponente d Fdi. Tajani e Urso hanno indicato nel ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, il soggetto da cui "deve venire" la proposta e a cui spetta indicare "tempi e modalità" dell'uscita.
L'idea di vendere non scalda però la Lega, che ha in quota il presidente della banca. "Così come la privatizzazione dei porti, già opportunamente smentita dalla premier, anche la vendita della quota di Monte dei Paschi non è all'ordine del giorno. Il governo ha il dovere di approfondire i dossier e discuterne attentamente e riservatamente", ha detto Alberto Bagnai, vicepresidente della commissione Finanze della Camera e responsabile economico del partito.
Mentre il sottosegretario leghista del Mef, Federico Freni, ha invitato alla cautela, trattandosi di "società quotate" e "soggette a vigilanza". "La maturazione" dei tempi di vendita "non dipende solo dalla volontà del governo, ma da fattori esogeni come l'andamento della Borsa e dei mercati, del titolo Mps e del sistema bancario. Verrà il giorno in cui sarà ceduta, ma la fretta non è una buona consigliera".
Il tema della cessione di Mps è tornato d'attualità assieme a quello delle privatizzazioni a cui il governo potrebbe ricorrere per abbattere il debito in vista del nuovo patto di stabilità e di una manovra che si preannuncia tutta in salita. In linea teorica il Mef potrebbe fare cassa cedendo quote di Fs, di cui si era ipotizzata la vendita del 40% sotto il governo Renzi, ma anche alleggerendo la presa su Poste, Enav, Enel, Eni, Leonardo, Rai Way.
L'istituto senese capitalizza in Borsa 3,2 miliardi, con la quota del Tesoro che vale poco più di due miliardi a fronte dei 7 investiti tra ricapitalizzazione precauzionale nel 2017 e aumento di capitale nel 2022. Fallita nel 2021 la vendita a Unicredit, che chiedeva una 'dote' di 8 miliardi, le candidate naturali ad un'aggregazione - Banco Bpm e Bper - hanno ribadito a più riprese di non avere al momento un interesse a fondersi con Siena. In attesa che i tempi maturino, il governo potrebbe però alleggerire la sua ingombrante presenza con vendite sul mercato. Per uscire, dopo al proroga concessa dalla Ue, avrebbe tempo fino al 2024.
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