"L'infrastruttura per l'eolico
offshore è da costruire, ma si sta costruendo. I porti sono in
corso di individuazione. Ma oltre ai porti per l'installazione
degli impianti, bisognerà trovare anche quelli per la
manutenzione. Noi riteniamo che 2 porti (quelli previsti da
Decreto energia per la costruzione delle piattaforme
galleggianti per le pale, ndr) non siano la soluzione per questa
tecnologia. Ne serviranno almeno 4, forse 6. E poi anche tutta
la catena di approvvigionamento, l'acciaio, la lavorazione, i
floater, le palificazioni, le pale. E' tutto un percorso che va
costruito". Lo ha detto il presidente di Anev (l'associazione
delle imporese dell'eolico), Simone Togni, a margine di un
convegno a Roma sull'eolico offshore.
"L'eolico offshore sta finalmente disegnando un comparto
industriale che possa seguire l'applicazione marina di una
tecnologia matura - ha proseguito Togni -. L'eolico nel
Mediterraneo dovrà trovare la forma dell'eolico flottante. E poi
bisognerà chiudere il cerchio con un quadro normativo stabile e
di lungo periodo".
"Come Anev abbiamo indicato in 11 Gigawatt al 2040 quello che
questa tecnologia può raggiungere - ha detto ancora il
presidente di Anev -. Per fare questo, è necessario avere già da
oggi il Decreto Fer2 (il decreto del Mase con gli incentivi per
le rinnovabili innovative, ndr), che stiamo tutti aspettando, e
un quadro di sviluppo della parte infrastrutturale. Tutto questo
per evitare che succeda con l'eolico offshore quello che è
successo con il fotovoltaico, cioè una crescita impetuosa ma non
controllata, che non ha portato un beneficio in termini di
crescita industriale del paese".
Per l'eolico offshore, ha concluso Togni, "parliamo di 3,8
Gigawatt nel Fer2, di 2 Gw al 2030 nel Pniec (il piano nazionale
energia, ndr). Sono numeri estremamente importanti. Già solo i 2
Gw al 2030 significherebbero una lavorazione di acciaio in
quantità equivalente a quella che tutta l'Italia utilizza per
gli altri scopi, un raddoppio di questi numeri".
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