Il rapporto di tirocinio "può
rappresentare un ottimo momento di conoscenza personale, ma a
condizione che il nucleo essenziale dell'istituto, ovvero la sua
vocazione formativa, non venga tradito. È necessario, dunque,
implementare meccanismi idonei a verificare che i processi
formativi e di orientamento siano strumentali all'inserimento
dei giovani nel mercato del lavoro". Ad esprimersi così la
Fondazione nazionale di ricerca dei commercialisti, ascoltata
oggi dalla Commissione Lavoro del Senato, che sta svolgendo
'l'Indagine conoscitiva sui canali di ingresso nel mondo del
lavoro e sulla formazione professionale dei giovani: stage,
tirocinio e apprendistato'. Per i professionisti, "misure
efficaci potrebbero essere adottate attraverso la
responsabilizzazione degli enti autorizzati alla promozione dei
tirocini extra-curriculari, nonché alle modalità di
certificazione delle competenze trasmesse". Inoltre, recita il
testo portato in Parlamento, secondo la Legge di Bilancio "i
rapporti di tirocinio dovrebbero essere limitati ai soggetti con
difficoltà di inclusione sociale", ma è stato evidenziato come
la Manovra "sia intervenuta in una materia che non è di
competenza del Legislatore nazionale", mentre "qualora, in sede
di conferenza permanente Stato - Regioni, dovesse trovare
accoglimento una simile impostazione restrittiva, l'istituto del
tirocinio ne finirebbe enormemente depotenziato, limitato ai
soggetti tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti, alcolisti ed
ex alcolisti, condannati ammessi a misure alternative, ex
detenuti; rifugiati". Così, affermano i commercialisti,
"paradossalmente, proprio i neo diplomati ed i neo laureati
resterebbero esclusi dalla platea dei soggetti destinatari.
Insomma, si decreterebbe definitivamente il fallimento del
tirocinio quale strumento di transizione scuola lavoro, epilogo
che riteniamo fermamente sia da scongiurare", si legge, infine.
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