Circa 470.000 d'età compresa tra i 61
e i 66 anni, che presentano un'anzianità contributiva superiore
ai 34 anni e inferiore ai 41, potrebbero usufruire di chance di
pensionamento 'flessibili'. Lo si legge nelle elaborazioni della
Fondazione studi dei consulenti del lavoro sulla base dei dati
Inps, secondo cui "rispetto all'attuale Quota 100 'rigida', che
prevede l'accesso alla pensione con 38 anni di contributi e 62
anni di età, una Quota 100 'flessibile' consentirebbe di
raddoppiare quasi la platea dei potenziali beneficiari con un
incremento attorno all'81% dei lavoratori interessati. Tale
formula - argomentano i professionisti - raccoglierebbe
soprattutto 65-66enni con un'anzianità contributiva superiore ai
35 anni (ma inferiore ai 38 attualmente richiesti) e aiuterebbe
i lavoratori più vicini alla pensione di vecchiaia ad anticipare
l'ingresso". Inoltre, con riferimento a Quota 102, prevedendo la
possibilità di estendere le combinazioni anzianità- vecchiaia
oltre l'attuale "64+38", se si adottasse un sistema flessibile,
si legge nell'approfondimento, "ci sarebbe un incremento
dell'88,7% di lavoratori (soprattutto 66enni) con un'anzianità
contributiva inferiore ai 38 anni necessari per poter andare in
pensione. L'impatto sulla platea individuata con queste due
forme flessibili (61-66enni con un'anzianità contributiva di
almeno 35 anni e massimo 40) sarebbe molto differente: la Quota
100 rigida (analoga a quella già osservata fra 2019 e 2021)
intercetterebbe il 35,1% di questi lavoratori, mentre una forma
più flessibile arriverebbe a coprire il 63,4%. Più basso,
invece, l'universo attivabile con Quota 102 (15,6% nella formula
rigida, 29,5% in quella flessibile)", scrivono i consulenti.
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