Revisione delle sanzioni, riesame dei meccanismi della riscossione, modifiche dei tributi locali. Al netto della discussa ipotesi di pace fiscale perseguita da Matteo Salvini, il secondo round della delega fiscale, sbarcata al Senato dopo gli interventi di Montecitorio, riparte da qui.
Il lavoro della Camera si è interrotto prima dell'articolo 14 del disegno di legge, lasciando ai senatori della commissione Finanze presieduta da Massimo Garavaglia il compito di esaminare il Titolo terzo sui procedimenti e le sanzioni e il Titolo quarto su testi unici e codici.
L'obiettivo è di chiudere velocemente: entro mercoledì pomeriggio dovranno essere presentati gli emendamenti, da votare già a partire dalla prossima settimana per approdare in Aula entro la fine del mese e dare tempo alla Camera per una rapida terza lettura, in modo da chiudere entro l'inizio di agosto, prima della pausa estiva dei lavori parlamentari.
Sui tributi locali si partirà dall'intesa raggiunta in Conferenza unificata per rafforzare l'autonomia finanziaria degli enti locali e a concedere maggiori margini sulle scelte politiche e gestionali sulla riscossione, trovando soluzioni che non pesino però sulle casse dello Stato. Rispettare i saldi di finanza pubblica sta infatti diventando un imperativo sempre più impellente per il governo e la maggioranza, in vista della prossima manovra a cui sarà affidato con tutta probabilità il non semplice compito di ridisegnare le aliquote Irpef.
Capitolo essenziale sarà peraltro quello delle sanzioni, giudicate eccessive. A spiegarlo è stato più volte il padre della riforma, il viceministro delle Finanze Maurizio Leo. "Le sanzioni oggi sono eccessivamente onerose", ha indicato Leo pochi giorni fa, portando ad esempio il confronto con l'Europa, penalizzante per i contribuenti italiani. Se nell'Unione europea non si può andare al di là di due sanzioni sulla stessa violazione, in Italia ci sono 5 tipi di sanzione, ha sottolineato il viceministro: quella penale, amministrativa, l'accessoria, quelle previste dalla legge 231 (la responsabilità amministrativa/penale a carico delle imprese per gli amministratori) e la confisca per sproporzione. Insomma in Italia "la misura delle sanzioni va assolutamente fuori linea rispetto agli standard europei". Per l'Iva in Italia si va fino al 120-240% mentre in Europa si arriva al massimo al 60%.
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