A causa della crisi energetica
verificatasi tra la fine del 2021 e la prima parte del 2023, si
stima che il rincaro dei prezzi delle materie prime abbia
consentito alle maggiori società energetiche del nostro Paese di
totalizzare 70 miliardi di euro di extraprofitti che, in massima
parte, sono stati "prelevati" dai portafogli delle famiglie e
delle imprese.
L'analisi viene fatta dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre
(Venezia), secondo cui il prelievo straordinario introdotto dal
Governo Draghi sulle big dell'energia nel 2022 ha garantito un
gettito di 2,76 miliardi, e nel 2023 di 82 milioni di euro.
Complessivamente, la misura ha portato nelle casse pubbliche
2,84 miliardi di euro, a fronte però dei 10,8 previsti. Per
contro, il contributo di solidarietà a carico delle grandi
imprese energetiche approvato dal Governo Meloni nel 2023 ha
consentito all'erario di incassare 3,4 miliardi; quasi uno in
più dei 2,6 preventivati inizialmente.
Dai due provvedimenti le previsioni riportate nelle schede
tecniche segnalano che lo Stato avrebbe dovuto incassare dalla
tassazione sugli extraprofitti 13,6 miliardi, ma ne ha riscossi
solo 6,2, meno della metà.
"Se il provvedimento messo in campo dal Governo Meloni ha
raggiunto e superato l'obbiettivo - sostiene la Cgia - la misura
approvata dal Governo Draghi è stata un mezzo flop. Non solo. A
seguito del ricorso presentato da alcune grandi aziende del
settore energetico, nel mese scorso la Corte Costituzionale ha
parzialmente bocciato il provvedimento, ritenendo illegittima
l'inclusione delle accise nella base di calcolo dell'imposta.
Pertanto, stando alle prime stime - conclude - lo Stato dovrà
restituire alle aziende pagatrici almeno 150 milioni di euro".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA