"L'emergenza dei salari e delle
pensioni ci è entrata in casa anche in Emilia-Romagna". Non ha
dubbi il segretario regionale della Cgil, Massimo Bussandri, che
con il presidente di Ires, Giuliano Guidetti, ha illustrato i
risultati dell'analisi dell'Osservatorio Ires Emilia-Romagna su
benessere, redditi, spesa, diseguaglianze e retribuzioni dei
lavoratori dipendenti dei settori privati non agricoli.
La fotografia che emerge dallo studio non è rassicurante. Nel
2023 in Emilia-Romagna il 6,8% delle famiglie viveva in
condizioni di povertà relativa, ovvero con un reddito inferiore
alla soglia dei 1.211 euro mensili, contro il 10,6% a livello
nazionale. Il dato, tuttavia, è in crescita e il quadro
economico è notevolmente mutato, soprattutto a causa della
crisi, del Covid, del peggioramento del 2022 e degli alti tassi
di inflazione, non compensati dagli aumenti troppo contenuti dei
salari. A pesare, soprattutto, i costi legati alla casa: per il
5% delle famiglie questa voce di spesa incide per il 40% del
reddito netto, contro 6,6% a livello nazionale.
Le criticità non si fermano qui. Dilaga anche la precarietà:
solo il 50,1% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato
con 52 settimane di contribuzione, mentre il 26,1% ha lavori a
tempo determinato o stagionali e il 28,3% ha un part-time. Le
donne su base annua guadagnano in media il 68,4% di quanto
percepito dagli uomini. I lavoratori di origine straniera nel
43,1% dei casi non raggiungono i 15.000 euro annui di
retribuzione. La situazione va meglio nelle province più "forti"
come Parma, Modena, Bologna e Reggio Emilia ma non è così a
Ferrara e, soprattutto, Rimini, dove uno dei settori trainanti è
il turismo e il lavoro è soprattutto precario e part-time.
Per Bussandri il timore è che "la crisi della manifattura che
da noi copre una vasta gamma delle produzioni industriali. ma
anche larga parte dei settori manifatturieri artigiani" aggravi
ulteriormente la situazione rischiando di "far uscire dalla
porta ancor più posti di lavoro stabili e strutturati per fare
ulteriore spazio alla povertà lavorativa".
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