"Il divieto delle cessioni successive
alla prima dei crediti di imposta" per il Superbonus 110 "ha
innescato un effetto domino che dalle banche - costrette a
bloccare l'acquisto dei crediti o a ridurlo fortemente - si è
riversato su imprese e contribuenti che hanno fatto
legittimamente uso delle opzioni previste dalla legge, relative
allo sconto e alla cessione dei crediti, e che - come si
chiarirà - non è idonea a scoraggiare le frodi". Questo il
pensiero del Consiglio nazionale dei commercialisti, i cui
rappresentanti sono auditi in questi minuti dalla Commissione
Bilancio del Senato, a proposito del decreto Sostegni ter.
Citando i contenuti della recente audizione del direttore
dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, i
professionisti hanno sottolineato che, "considerato che bonus
facciate e superbonus hanno sviluppato sino al 31° dicembre 2021
circa lo stesso ammontare di crediti d'imposta cedibili (13
miliardi di euro ciascuno), ne consegue che le frodi hanno
riguardato il 15,7% dei crediti generati dal bonus facciate e
soltanto l'1,02% dei crediti generati dal Superbonus. La ragione
per cui le frodi si sono concentrate sul bonus facciate (46%) e
in generale sui bonus "ordinari" (97%), anziché sul più
"generoso" Superbonus (3%), è agevolmente rintracciabile nella
circostanza che per i primi, a differenza del secondo, lo sconto
e la cessione non erano subordinati - prima dell'entrata in
vigore del decreto anti-frodi, avvenuta il 12 novembre 2021 - ai
controlli di tipo preventivo, costituiti dal visto di conformità
e dalle asseverazioni e attestazioni tecniche, da parte dei
professionisti abilitati, previsti invece, sin dall'origine, per
la cessione e lo sconto del Superbonus, che presuppongono,
peraltro", hanno concluso i commercialisti, "anche la presenza
di stati di avanzamento lavori almeno pari al 30%
dell'intervento complessivo".
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