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Salah, tra dietrofront e colpi scena resta un enigma

In Belgio non può più fare il pentito, adesso punta alla Francia

Salah Abdeslam, un enigma che ogni giorno diventa più insolubile: organizza gli attentati di Parigi, accompagna i commando poi fugge - unico sopravvissuto - in lacrime. Lo arrestano e sfida la Francia annunciando il 'no' all'estradizione, poi fa dietrofront e vuole andare subito a Parigi. Anche il suo avvocato, lo spregiudicato Sven Mary, sembra ora barcollare nelle sue certezze della prima ora. Ora che per la prima volta Abdeslam, che a Parigi ha soltanto trasportato e depositato i compagni sui luoghi degli attentati senza parteciparvi direttamente, sembra fosse destinato ad entrare in scena in prima persona, lo scenario cambia. I testimoni dissero che, rientrando la notte fra il 13 e il 14 novembre a Bruxelles sull'auto dei due complici, era "in lacrime". Una ricostruzione che ha spinto più di un osservatore ad affermare che "non soltanto la polizia, ma anche l'Isis" dava la caccia a Salah, che all'ultimo aveva rifiutato il martirio come gli altri compagni, compreso il fratello che si fece esplodere in un bistrot di boulevard Voltaire.

Nelle prime ore dopo l'arresto, l'enigmatico terrorista aveva confermato questa ipotesi: "Dovevo farmi esplodere allo Stade de France, ma all'ultimo momento mi sono tirato indietro". Prima del rimescolamento di carte avvenuto in serata con l'ipotesi di un Salah che avrebbe dovuto sparare sui passanti a Bruxelles, l'avvocato Mary era stato costretto ad annunciare - in mattinata - il dietrofront del suo cliente: "Salah Abdeslam mi ha comunicato il suo auspicio di essere trasferito in Francia il più rapidamente possibile. Dirò alla giudice di non opporsi più a questo desiderio". Udienza fissata al 7 aprile, pochi giorni e poi il trasferimento in Francia, un colpo di scena rispetto all'atteggiamento finora tenuto. Perché? Il retroscena arriva da fonti attendibili in Belgio, riprese dai media francesi. Tale ripensamento di Salah sarebbe stato il frutto di un interrogatorio piuttosto "duro" subito ieri dal terrorista detenuto, all'indomani delle stragi di Bruxelles, nel carcere di massima sicurezza di Bruges. In concreto, Salah avrebbe capito che dopo gli attentati degli altri jihadisti del gruppo per lui non c'era più nessuna possibilità di ottenere vantaggi dall'eventuale ruolo di "pentito".

E che i suoi spazi di manovra in Belgio, un Paese colpito al cuore dai suoi complici, si è praticamente ridotto a zero. L'avvocato Mary ha sostenuto che il suo cliente "non era al corrente" degli attacchi all'aeroporto e nella metro Maelbeek. Il legale ha provato a giocare anche la carta dell'incoraggiamento al suo cliente. Il quale, "se si rinchiudesse in sé - ha detto - ci mettere di fronte ad altre Zaventem ed altri Bataclan". Ma stasera sembra tutto superato. Tanto più che l'avvocato - benché abituato a criminali incalliti - deve ora vedersela con un clima diverso da quello che aveva immaginato quando accettò l'incarico che gli avrebbe dato visibilità planetaria: adesso dovrebbe difendere l'indifendibile Salah, organizzatore e per un soffio non anche autore delle stragi di Bruxelles oltre che di Parigi. Ieri è stato aggredito in pieno giorno da un individuo che non gli perdonava di difendere il boia Salah. Il suo cellulare e il suo computer sono sommersi di messaggi di insulti e minacce, le sue due figlie hanno dovuto cambiare orari delle lezioni a scuola per motivi di sicurezza, la sua famiglia è sotto protezione. Ora - secondo fonti del francese Le Monde - si sta interrogando: se vengono meno i capisaldi della difesa che aveva messo a punto per Salah - la tesi che Abdeslam fosse un pesce piccolo, poco più di un ignaro delinquente di Molenbeek - anche la sua iniziale motivazione rischia di svanire.

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