Il califfato stragista non arretra.
Oggi nel mirino dell'Isis ci sono lo Yemen, dove un'autobomba ha fatto una sessantina di morti tra combattenti filogovernativi, e l'Iraq, dove un kamikaze si è fatto esplodere durante una festa di nozze uccidendo 18 persone.
E' stata l'Amaq, l'agenzia dell'Isis, a rivendicare l'attentato ad Aden, nel sud dello Yemen, capitale provvisoria del governo riconosciuto dalla comunita' internazionale del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, vicino all'Arabia Saudita.
L'Amaq, riportata dal Site - il sito che monitora le attività jihadiste sul web - afferma che sono 60 le vittime rimaste uccise presso un centro di reclutamento e addestramento delle 'milizie' della Resistenza Popolare. Secondo fonti ufficiali, invece, i morti sono 54 e i feriti una settantina, 30 dei quali in gravi condizioni. Le vittime si stavano registrando per partecipare a una missione della Coalizione araba a guida saudita che dal marzo del 2015 bombarda i ribelli sciiti Houthi e i militari loro alleati ancora fedeli al deposto presidente Ali Abdullah Saleh che controllano parte del Paese e la capitale Sanaa e che sono accusati dai sauditi di essere sostenuti dall'Iran. La guerra civile che dilania lo Yemen da 17 mesi ha provocato finora, secondo l'Onu, 6.000 morti e 2 milioni e mezzo di sfollati. E solo pochi giorni fa, il 25 agosto, il segretario di Stato Usa John Kerry ha proposto un piano di pace che prevede l'inclusione dei ribelli sciiti Houthi in un governo di unita' nazionale.
Sempre l'Amaq - riportata dal Site - ha dato voce all'Isis che ha rivendicato l'attacco compiuto da "quattro kamikaze" che ha causato "decine di morti e feriti nella città santa sciita di Karbala", nel sud dell'Iraq. Secondo fonti mediche, tra le vittime ci sono anche cinque membri della stessa famiglia.
Il califfato, negli ultimi mesi, ha incrementato gli attentati contro le forze di sicurezza e la maggioranza sciita del Paese. L'area colpita, ha precisato il generale Qais al-Mohammedawi, è il villaggio di Ein Tamr, a circa 40 chilometri a ovest di Karbala. Intanto il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako, in una lettera sul sito del patriarcato, ha lanciato un appello ai musulmani e non musulmani di buona volontà di tutto il mondo di affrontare seriamente e "non superficialmente" la difficile situazione che si è venuta a creare con la comparsa sulla scena dello Stato islamico. Secondo il presule, per fermare il "cancro" dell'Isis che porta odio, isolamento, estremismo, violenza e al rifiuto della convivenza, del progresso e della modernità, i musulmani moderati dovrebbero prendere una posizione netta e unita. In particolare, occorre sgombrare il campo dai proclami rivolti ai credenti, laddove si afferma che l'unico modo "per garantirsi un posto in paradiso è uccidere persone innocenti, costruire cinture esplosive, mettere bombe nelle automobili o munirsi di armi pericolose".
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