La commemorazione dei 50 anni dal golpe che rovesciò il governo di Salvador Allende in Cile riapre il dibattito sul carcere speciale di Punta Peuco, dove si trovano gli aguzzini della dittatura del generale Augusto Pinochet detenuti in condizioni di maggior agio rispetto ai penitenziari ordinari del Paese. Attualmente nella prigione sono reclusi oltre 130 ex militari, perlopiù ultrasettantenni, ex agenti della Dina e del Cni - l'intelligence del regime autoritario - responsabili di esecuzioni, sparizioni e torture. I parlamentari progressisti chiedono al governo di Gabriel Boric che il penitenziario sia riconvertita in un centro per detenute incinte o con bambini piccoli, e che gli ex militari siano trasferiti in un carcere per reati comuni.
Tra i promotori dell'iniziativa - che vede l'opposizione delle destre - è il socialista Juan Santana, che ad agosto ha organizzato anche una raccolta di firme. "Crediamo sia necessario che il governo dia un segnale di riparazione. Non è una vendetta, come l'hanno definita alcuni colleghi delle opposizioni" di destra, ha spiegato Santana in un'intervista ad un media locale. "Non è ragionevole che esistano privilegi per persone che hanno commesso crimini contro l'umanità". Ad insistere sulla chiusura del penitenziario speciale sono poi i parenti delle vittime e dei desaparecidos della dittatura. Sul dossier sono intervenuti sia il presidente Boric, che la portavoce del governo Camila Vallejo, che il ministro della Giustizia Luis Cordero. E anche se ad oggi non c'è una decisione, La Moneda non ha escluso possibili iniziative.
D'altra parte la questione è molto delicata. Basti pensare che a chiudere Punta Peuco ci aveva già provato l'ex presidente Michelle Bachelet, nel 2018, quando a fine mandato chiese all'allora ministro della Giustizia, Jaime Campos, di intervenire sul carcere speciale, trovandosi però di fronte ad una porta sbarrata. Secondo gli osservatori inoltre, un piano di chiusura del penitenziario potrebbe esacerbare ulteriormente gli animi, in un'atmosfera che ad una manciata di giorni dall'11 settembre - data in cui nel 1973 avvenne il golpe - appare sempre più tesa. Con le destre - dalla formazione di Vamos Chile ai Repubblicani di Kast - che hanno ufficialmente annunciato di non voler aderire alla dichiarazione unitaria proposta da Boric sull'impegno per la salvaguardia della democrazia e dei diritti umani nel Paese.
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