(di Leonardo Cioni)
Si fa sempre più asfissiante la
pressione internazionale su Nicolas Maduro: i risultati
ufficiali degli scrutini non sono ancora stati presentati, a
quattro giorni dalle presidenziali in Venezuela, e il ritardo
aumenta il sospetto di brogli cavalcato dall'opposizione che per
voce della sua leader, l'ex deputata liberale Maria Corina
Machado, chiama i cittadini alla "mobilitazione" per "far
prevalere la verità".
Intanto, il capo della diplomazia statunitense per l'America
Latina, Brian Nichols, dichiara senza mezzi termini che il
rivale di Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia, ha ottenuto una
vittoria "irrefutabile".
Una tesi, quest'ultima, considerata plausibile anche dallo
storico venezuelano, Tomás Straka, secondo cui "negli ultimi
anni si è registrato un movimento nei settori popolari per
abbandonare il chavismo e seguire Machado".
L'ex autista di autobus - che le autorità elettorali hanno
frettolosamente annunciato come trionfatore, all'indomani del
voto del 28 luglio - per apparire neutrale ha chiesto
l'intervento della Corte suprema ed ha garantito di essere
pronto a "pubblicare il 100% dei verbali" che proverebbero la
sua regolare investitura. Ma sui documenti continua ad aleggiare
il mistero. Ancor più dopo che il Consiglio nazionale elettorale
(Cne), controllato dal partito al potere, ha improvvisamente
sospeso l'annuncio di un secondo bollettino con i dettagli di
quanto emerso dalle urne.
Un tentativo di obbligare Maduro a pubblicare subito gli
scrutini è stato compiuto dall'Organizzazione degli Stati
americani (Osa), ma la risoluzione presentata da Stati Uniti,
Argentina, Paraguay e Uruguay è naufragata a causa di 11
decisive astensioni (tra le quali quelle più significative di
Brasile e Colombia), nonché per cinque assenze, come quella
ampiamente annunciata del Messico.
Il flop non ha impedito al segretario generale dell'Osa, Luis
Almagro, di chiedere alla Corte penale internazionale dell'Aia
di far arrestare l''erede' di Hugo Chavez per la repressione nel
sangue delle proteste contro la sua rielezione in corso nel
Paese (almeno 14 morti e centinaia di arresti finora).
La tensione crescente ha costretto per primi i diplomatici
argentini e le loro famiglie a tornare in Patria: per fornire
loro assistenza si è attivata anche l'ambasciata d'Italia a
Caracas. Il Brasile ha nel frattempo assunto la rappresentanza
diplomatica dell'Argentina in Venezuela, dove è già stata issata
la bandiera verdeoro.
Sul ruolo di mediazione che potrebbe essere svolto proprio
dal governo del leader progressista brasiliano Luis Inacio Lula
da Silva ha insistito anche Machado, la quale ha ribadito la sua
disponibilità a partecipare "a un negoziato serio e urgente per
facilitare un'intesa tra le parti che favorisca una transizione
ordinata" in Venezuela. Mentre anche il Vaticano, attraverso
monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, osservatore permanente
della Santa Sede presso l'Osa, ha invitato al dialogo per
favorire la "convivenza democratica".
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