L'opacità del processo elettorale
e le restrizioni ai diritti politici imposti alle opposizioni
impediscono di considerare come democratica e legittima la
rielezione di Nicolas Maduro alla presidenza del Venezuela. E'
quanto scrive la Corte interamericana dei diritti umani (Cidh)
in un rapporto sul Paese sudamericano in cui evidenzia come "le
elezioni presidenziali del 28 luglio sono state segnate da una
strategia repressiva del regime venezuelano, con l'obiettivo di
perpetuarsi al potere attraverso pratiche che hanno gravemente
alterato l'ordine costituzionale e violato i diritti umani".
Il documento diffuso dell'organismo dell'Organizzazione degli
Stati americani (Osa) a tre giorni dalla cerimonia di
insediamento per un nuovo mandato presidenziale di Maduro,
individua tre fasi della strategia di Caracas.
Durante la prima, nel periodo pre-elettorale, "lo Stato ha
ostacolato la partecipazione politica esercitando il controllo
su istituzioni chiave, come procura e Corte suprema", disponendo
arresti arbitrari di oppositori, squalificando per via
giudiziaria leader politici e minacciando difensori dei diritti
umani.
La seconda fase ha avuto luogo il giorno delle elezioni,
quando il Consiglio nazionale elettorale (Cne) ha sospeso la
trasmissione dei risultati e si è rifiutato di pubblicare i
verbali delle votazioni spingendo le opposizioni a denunciare
una possibile frode e scendere in piazza. I verbali parzialmente
raccolti dalle opposizioni darebbero la vittoria al candidato
conservatore Edumundo Gonzalez.
La terza fase è stata per la Cidh quella della repressione
che "ha causato 25 morti, più di 2.000 arresti arbitrari,
sparizioni forzate e torture".
La Cidh sottolinea che queste violazioni "sono il prodotto di
un sistema cooptato dal potere esecutivo, in cui la corruzione e
il controllo sulle istituzioni pubbliche consentono di agire
nella totale impunità".
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