Sostenuto dall'alluvione di
dollari prodotta da un ampio condono fiscale sui patrimoni non
dichiarati all'estero e protetto dalla rigida politica di
equilibrio fiscale adottata dal governo di Javier Milei, il peso
è negli ultimi mesi la moneta che più si è apprezzata al mondo
secondo un indice di Bloomberg.
Nell'ultima settimana la moneta argentina ha sorpreso ancora
recuperando sul mercato parallelo un ulteriore 4% rispetto alla
divisa Usa. E se il governo Milei celebra la tenuta della sua
politica macroeconomica, prestigiosi economisti tanto dentro
come fuori dall'Argentina avvertono tuttavia
sull'insostenibilità di questa congiuntura e sul pericolo di una
imminente svalutazione.
L'opinione che più ha generato inquietudini nelle ultime ore
è stata quella di Robin Brooks, capo degli economisti
dell'Istituto della Finanza Internazionale (Iif). "In termini
reali, il peso argentino è la valuta più forte del mondo dopo la
pandemia, mentre il real brasiliano è una delle più deboli.
Questa divergenza è insostenibile e, ovviamente, culminerà con
un'altra grande svalutazione del peso argentino", ha scritto
Brooks sul suo account X.
In un secondo messaggio l'economista insiste nel considerare
una svalutazione del peso come "ineludibile" tenendo conto che
"il guadagno di competitività dalla svalutazione di dicembre è
stato completamente eroso dall'alta inflazione e dalla decisione
di agganciare immediatamente il peso al dollaro".
In linea con Brooks è l'opinione di Marina del Poggetto,
direttrice della società di analisi finanziaria Eco Go. Secondo
del Poggetto al governo mancano all'incirca 20 miliardi di
dollari per poter sostenere l'attuale valutazione del peso, e in
tale contesto non ci sono margini per l'eliminazione dei
controlli al mercato cambiario (il cosiddetto "cepo") promessa
dal governo ma fino ad oggi sempre rimandata.
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