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Hamas, l'Italia non intervenga in Libia, sarebbe una crociata

Hamas, l'Italia non intervenga in Libia, sarebbe una crociata

L'Isis minaccia l'Italia, "Siamo a sud di Roma"

17 febbraio 2015, 17:52

Redazione ANSA

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Atterrato a Roma aereo con italiani rimpatriati - RIPRODUZIONE RISERVATA

Atterrato a Roma aereo con italiani rimpatriati - RIPRODUZIONE RISERVATA
Atterrato a Roma aereo con italiani rimpatriati - RIPRODUZIONE RISERVATA

Hamas respinge ingerenze in Libia "da parte di alcuni Paesi come l'Italia" che adducono "il pretesto di combattere il terrorismo". Lo afferma un dirigente di Hamas, Salah Bardawil, citato dall'agenzia Palinfo. Un intervento militare sarebbe considerato "una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani", ha spiegato. Bardawil ha poi ricordato che Hamas ha già espresso opposizione contro gli interventi stranieri in Iraq, e dunque rinnova adesso i propri appelli per sventare mosse simili in un altro Paese arabo. Quanto alla decapitazione di 21 copti egiziani in Libia, il dirigente di Hamas ha espresso parole di condanna, precisando che il suo movimento si oppone all'uccisione di persone sulla base della loro affiliazione religiosa, politica o intellettuale.

Gli italiani lasciano la Libia. L'Isis minaccia Roma 

Chiusa ambasciata. Governo insiste su azione Onu, giovedì in Aula

L'Italia lascia la Libia. Unica ambasciata europea ancora aperta dopo la grande fuga da Tripoli dello scorso agosto, è stata alla fine costretta - dall'aggravarsi delle violenze sul terreno e dall'avanzata dei tagliagole dell'Isis che sventolano le loro bandiere nere fin dentro la capitale libica - a chiudere "temporaneamente" i battenti e ad avviare il rimpatrio in nave, via Malta, degli ormai pochi italiani rimasti. In serata una nuova minaccia dei jihadisti contro l'Italia è arrivata proprio dalla Libia attraverso un video dal titolo "Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce" nel quale si mostra la decapitazione dei 21 egiziani copti su una spiaggia del Mediterraneo. "Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia", annuncia il boia con in mano un coltello insanguinato.

La decisione di chiudere l'ambasciata a Tripoli "è stata resa necessaria dal deteriorarsi della situazione", ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, finito personalmente nella lista nera dei jihadisti come "ministro crociato" per aver dichiarato che l'Italia è pronta a fare la sua parte in Libia se le Nazioni Unite dovessero decidere di agire. Intenzione ribadita anche ieri dal premier Matteo Renzi. Nonostante la chiusura dell'ambasciata, "l'Italia - ha però assicurato Gentiloni - resta al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia", con l'ambasciatore e inviato speciale, Giuseppe Buccino, che "continuerà a partecipare" al negoziato avviato dall'inviato Onu, Bernardino Leon. Ora però serve "un impegno politico straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità", ha insistito Gentiloni in una nota, annunciando che giovedì riferirà in Parlamento per avviare un dibattito tra le forze politiche sull'eventuale partecipazione italiana a un intervento internazionale "in ambito Onu".

Già dal primo febbraio la Farnesina aveva rilanciato il proprio warning con "il pressante invito" ai connazionali a lasciare la Libia e non si esclude che nei prossimi giorni altri potrebbero decidere di andarsene. Un aereo senza pilota Predator dell'Aeronautica e un'unità della Marina militare hanno sorvegliato e scortato stamani la nave degli italiani mentre si allontanava dalle coste libiche, in un tratto di mare solcato dalle rotte dei profughi e da scafisti che oggi non si sono fatti scrupolo di sparare contro una motovedetta della Guardia costiera italiana durante un'operazione di soccorso a 50 miglia da Tripoli. Un altro segnale allarmante di quanto la Libia, attraversata ormai da est a ovest dal pericolo jihadista, sia sempre di più una miccia accesa a un passo dall'Europa.

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