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Il Cavaliere è dimezzato, il Pd diviso

Il Cavaliere è dimezzato, il Pd diviso

ROMA, 11 aprile 2014, 08:46

Marco Dell'Omo

ANSACheck

Per i prossimi mesi Silvio Berlusconi non sarà un leader politico a tempo pieno. Si sa che l'affidamento ai servizi sociali, accettato dai suoi avvocati come il minore dei mali ma vissuto dal Cavaliere come un affronto personale, comporterà dei vincoli che potrebbero limitare i suoi movimenti in misura più o meno estesa a seconda delle decisioni del giudice. Ma non è solo questione di se e come Berlusconi potrà partecipare a un comizio o rilasciare un'intervista. Il punto cruciale è se vorrà mantenere l'accordo con Matteo Renzi sulla legge elettorale e sulle riforme.

Per ora i segnali che vengono da Arcore e da Palazzo Chigi vanno nella direzione della conferma del patto del Nazareno. Ma tanto Renzi quanto Berlusconi sanno bene che nulla può essere dato per scontato. Tra Forza Italia e il Pd, paradossalmente, è proprio il partito del premier quello dal quale possono venire i problemi maggiori. I "falchi" di Forza Italia sono impegnati in una lotta senza quartiere contro il premier, ma giunti al dunque faranno quello che ordinerà Berlusconi, che, almeno per ora, non ha alcuna intenzione di far saltare il tavolo: tanto più adesso che che Renzi ha messo nero su bianco nel Def che l'Italicum diventerà legge a settembre prossimo, prima della riforma che abolisce il Senato elettivo. Nel Pd, invece, l'ala che contesta Renzi è più che mai decisa a tenere duro e a non far passare la riforma del Senato prevista nel disegno di legge del governo.

Piccolo particolare con cui Renzi deve fare i conti: molti dei deputati e dei senatori del Pd appartengono alla minoranza interna e non si sa quanto si sentano vincolati agli ordini di scuderia arrivati anche oggi dal premier. Non solo: Civati e compagni stanno tessendo una rete di alleanze con i grillini e Sel che potrebbe far inceppare il meccanismo studiato da Renzi. Un segno del nervosismo che agita il Pd è la polemica esplosa sulle candidature alle europee. Renzi ha convinto la direzione nazionale a scegliere cinque capolista donne, come segno tangibile di rinnovamento. Ma l'unanimità con cui la decisione è stata presa a via del Nazareno non ha impedito l'apertura di una mini-crisi locale, aperta dagli "scavalcati" eccellenti: il sindaco di Bari Michele Emiliano e della sua collega di Lampedusa Giusi Nicolini, che, avvelenati per la retrocessione, si sono polemicamente cancellati dalle liste.

Per tenere sotto controllo le spinte centrifughe presenti nel suo partito, Renzi deve spingere sull'acceleratore delle misure anti-crisi. Ecco quindi che il premier attacca i "profeti di sventura" e assicura che che gli 80 euro in più in busta paga non arriveranno solo quest'anno ma ci saranno anche negli anni a seguire. La campagna elettorale per le europee bussa alle porte e influenza il tono della comunicazione. Come dimostrano le parole di Renzi sulle banche, invitate con tono quasi grillino a "risparmiare sugli stipendi dei loro amministratori delegati" o quelle sui manager pubblici che non vogliono subire tagli allo stipendio. La verità è che la vera sfida elettorale non è tra Renzi e Berlusconi, ma tra Renzi e Grillo.

Il leader M5s non ne passa una al segretario-premier, dall'alleggerimento delle pene sul voto di scambio alla candidature delle "veline" (così le ha definite) nelle liste per le europee, e il premer gli risponde a muso duro. Intanto incassa la fiducia sul terzo decreto Salva Roma e si prepara a giocare una partita decisiva, quella delle nomine per le grandi aziende pubbliche, giunta ormai al suo epilogo: i nomi dei supermanager prescelti per le società quotate in borsa arriveranno probabilmente nel weekend, a mercati chiusi.
   

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