Si allontana l'incontro tra il M5S e il Pd sulla riforma della legge elettorale. Le aperture dei grillini, arrivate dalle colonne del Corriere della Sera, non bastano infatti ai Democratici, che insistono sull'opportunità che le risposte del Movimento di Beppe Grillo siano messe nero su bianco in un documento. Altrimenti, è l'aut aut del partito di Matteo Renzi, non ci sarà nessuna nuova riunione per discutere delle eventuali modifiche al sistema elettorale.
I margini per un secondo round sull'Italicum, che i Cinque Stelle continuano a dare in calendario alle 15, sono quindi ridottissimi.
"Di Maio dimostri che la sua apertura è sincera", osserva il deputato Pd Dario Ginefra facendo riferimento all'intervista "aperturista" del vicepresidente a cinque stelle della Camera. Dimostri soprattutto, è l'avvertimento, che sta parlando "a nome di tutto il Movimento. In troppe occasioni il M5S si è reso protagonista di sleali e brusche inversioni di marcia". E "anche oggi, per certi versi, le parole di Di Maio - aggiunge sempre Ginefra - appaiono come un pasticcino avvelenato". Insomma, gli otto sì alle dieci domande Dem di cui Luigi Di Maio si è fatto portavoce, non bastano. Tutti i nodi, se i pentastellati non vorranno chiudere il confronto, dovranno tradursi in un testo scritto, a partire da quello legato alla governabilità.
Così come anche la disponibilità al doppio turno e al premio di maggioranza. O il controllo preventivo della Consulta. Anche se questa settimana sarà più quella dedicata alle riforme costituzionali che quella della legge elettorale, con l'approdo in Aula del disegno di legge Boschi, il dibattito anche interno al Partito democratico sulla riforma del meccanismo di voto si è riacceso. Dopo le critiche di Pier Luigi Bersani, oggi è Gianni Cuperlo leader di SinistraDem, a respingere al mittente le critiche di chi a Largo del Nazareno definisce frenatori quanti esprimono posizioni divergenti rispetto alla linea dei vicesegretari e del premier. "Non c'è un fronte dei guastatori nel Pd che punta al disastro. Togliamo di mezzo questa immagine e si ascoltino - è l'invito di Cuperlo - le ragioni di ciascuno". Ma in ballo c'è troppo, è la tesi dei vertici che assicurano che non permetteranno a nessuno di intralciare la strada delle riforme, perché "chi frena blocca l'Italia". E mentre in casa Pd si continua a discutere, anche gli alleati di governo iniziano a alzare la posta. Ci pensa l'Ncd che - con Angelino Alfano - avverte: la riforma del voto così come è non va. Ad iniziare dalle soglie che devono essere cambiate: "Quella per il premio di maggioranza va alzata al 40%, le diverse soglie di sbarramento andrebbero armonizzate e razionalizzate", dice il leader del Nuovo Centrodestra.
"Ed è inaccettabile - aggiunge - che se in una coalizione la soglia la supera solo un partito il premio vada solo a quello benché guadagnato con i voti di tutta la coalizione". "Renzi - aggiunge poi Fabrizio Cicchitto - non può forzare su materie come la legge elettorale, che non hanno conseguenze in materia di conti ma solo di quadro politico". Ma anche l'Udc mostra la propria insofferenza: "L'Italicum così com'è non soddisfa", dice Antonio De Poli facendo convinto il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che "è cominciato il festival del panico dei partitini che vorrebbero soglie più basse".
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