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Ira moglie Faila. Fa ascoltare voce marito, 'aiutami'

Ira moglie Faila. Fa ascoltare voce marito, 'aiutami'

'Stato non lo ha tutelato'. Autopsia a Tripoli, corpi in Italia

ROMA, 10 marzo 2016, 08:17

Massimo Nesticò

ANSACheck

Salvatore Failla - RIPRODUZIONE RISERVATA

Salvatore Failla - RIPRODUZIONE RISERVATA
Salvatore Failla - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ad una settimana dalla morte le salme di Salvatore Failla e Fausto Piano arrivano in Italia, al termine di lunghe trattative con i libici e attraverso modalità definite "penose" dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Ma l'autopsia sui corpi è stata fatta a Tripoli e scatta l'ira dei familiari di Failla, che convocano una conferenza stampa per accusare lo Stato "che non ha tutelato Salvo. Lo hanno ucciso due volte". La moglie Rosalba ha anche fatto ascoltare la voce del marito contenuta in una registrazione fatta sentire dai rapitori lo scorso 13 ottobre: "ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv", le parole dell'uomo. "Ma ci hanno detto di stare zitti e non rispondere più alle telefonate ed io ora mi sento in colpa", dice Rosalba.
    Ancora una giornata all'insegna del braccio di ferro, dunque, sull'asse Roma-Tripoli. Le richieste italiane erano quelle di avere i corpi integri, in modo da poter fare l'autopsia in Patria, come disposto dalla procura romana. L'analisi delle ferite e dei proiettili è infatti fondamentale per far luce sulla dinamica di quanto accaduto e sulle relative responsabilità. Ma le autorità libiche hanno fatto muro, con l'obiettivo di alzare la posta e ottenere un adeguato riconoscimento politico da un Paese che, come il resto della comunità occidentale, finora ha privilegiato il Parlamento di Tobruk come interlocutore. Dalla procura di Tripoli, in mattinata, hanno così fatto sapere che l'autopsia era in corso, alla presenza di un medico legale italiano inviato dalla Farnesina. "Non è un'autopsia superficiale, è un'autopsia completa per poter estrarre, se c'è, il proiettile dai corpi.
    Estrarre il proiettile è importante in quanto ha 'impronte' che determinano il tipo d'arma che ha causato il decesso", ha riferito all'ANSA il direttore dell'Ufficio inchieste presso la Procura generale di Tripoli, Sidikj Al-Sour. E che le trattative siano stato particolarmente dure tra la delegazione giunta da Roma ed i libici lo rivela la stessa Rosalba Failla, raccontando che i rappresentanti italiani "sono stati costretti a dargli i corpi per l'autopsia perchè gli hanno puntato un'arma alla testa".
    A Roma ad attendere l'arrivo delle salme, ci sono le famiglie dei due italiani. E Rosalba Failla, insieme alle figlie Erica ed Eva, incontra i giornalisti nello studio del legale Francesco Caroleo Grimaldi per esprimere tutta la sua rabbia. "E' da lunedì - dice la donna - che siamo qua, ci siamo portati solo un cambio, perchè dovevano arrivare quel giorno. Non sappiamo quando tornano, le ultime notizie che ci hanno dato è che gli avevano fatto l'autopsia ed io li ho mandati a quel Paese ed ho staccato il telefono". E' Caroleo a spiegare che l'autopsia svolta a Tripoli, anche se alla presenza di un medico italiano, "non ci dà alcuna garanzia. Anche solo lavare un corpo in quelle condizioni comporta l'impossibilità di risalire alla verità". La versione che arriva dalla Libia è quella di un'esecuzione con colpo alla nuca da parte di un gruppo legato all'Isis. Per gli inquirenti italiani, invece, le vittime potrebbero essere cadute sotto i colpi delle milizie della municipalità di Sabrata impegnate in un'operazione contro il gruppo dei sequestratori.
    Rosalba Failla racconta quindi di un disperato appello del marito, probabilmente registrato, che i rapitori - rivolgendosi a lei in un italiano stentato - le fecero sentire in una telefonata dello scorso 13 ottobre: "ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere". Ma, spiega le donna, "dopo la telefonata mi è stato detto da chi stava lavorando al caso di non rispondere più al telefono, di stare zitti, di non parlare con nessuno dei rapitori. Mi sono rivolto al ministero degli Esteri e ci dicevano che a mio marito era stato imposto di dire così, ma secondo me Salvo mi chiedeva davvero aiuto, perchè la voce era sofferente, sentivo che soffriva".
    Dopo l'odissea vissuta, conclusa con l'ultimo oltraggio dell'autopsia, la rabbia della famiglia siciliana è forte. "Non ci hanno messo - accusa la figlia Erica - in condizioni di aiutarlo, abbiamo fatto ciò che ci hanno detto e non è servito a niente. Non ci interessano i funerali di Stato, dove e' lo Stato? Non lo ha tutelato da vivo e nemmeno da morto, visto che è ancora in mano ai libici". La giovane ce l'ha anche con la Bonatti - la ditta per cui lavorava in Libia Failla - "che dovrebbe mettersi la mano sulla coscienza, dovevano garantirgli la sicurezza".
    Da parte sua, Gentiloni oggi alle Camere, ha ricostruito le fasi del sequestro, assicurando che è stato fatto di tutto per arrivare alla liberazione. "L'intelligence italiana - ha riferito - ha tempestivamente attivato tutte le risorse disponibili, senza però mai riuscire a localizzare con sicurezza e precisione i possibili luoghi di prigionia". Per il ministro, i quattro ostaggi sono stati nelle mani dello stesso gruppo durante tutta la durata del sequestro, cambiando solo una volta il luogo di prigionia, lasciando intendere per loro finalità che gli ostaggi fossero stati separati o passati di mano. Gentiloni ha quindi ribadito che "nessun riscatto è stato pagato". 
   

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